Caro direttore,
sono giorni di cielo scuro, di pandemia, di ricerca per battere il nuovo virus. Le pagine di un libro del “genio leggero” di Jean d’Ormesson (Edizioni Clichy, 2014) presentano «inviti morbidi alla riflessione, al pensiero, all’amore per il mondo e gli esseri umani». Le 252 pagine incominciano così: «La sapete una cosa? Tutto cambia. Il clima, dicono. O la statura dei giovani. I regimi, le frontiere, le monete, gli abiti, le idee e i costumi. Si è sparsa un voce: il libro sta morendo. Sono tremila anni che i libri ci fanno vivere. Sembra che sia finita. Ci sarà qualcos’altro. Macchine. O forse proprio niente. E il romanzo? Sembra che il romanzo sia già morto. Ah, certo, ci sono ancora dei bei resti. Qualche libro riuscito. Qualche successo . Qualche... come li chiamate?... qualche best seller... La noia trionfa. Tutti scrivono. Niente dura più. Si vuole guadagnare denaro. Quasi una sorta di disprezzo dopo tanta estasi. Il genere si è esaurito. L’immagine trionfa e ha la meglio sullo scritto in rovina».
B.P. Barni Cantieri ecologici d’Italia
Il libro di Jean d’Ormesson è intitolato “Un giorno me ne andrò senza aver detto tutto”. Oso appesantire appena di poche parole quel lieve e fulminante incipit. In realtà, anche in questi giorni assediati e al ralenti, sperimentiamo che di tempo per la noia non ne avremmo affatto, e che mai abbastanza ce ne resta per lavorare, liberare, pregare e risanare. Tutto cambia, ha lasciato scritto il maestro d’Ormesson che scelse di vivere pensare e sperare etsi Deus daretur. E così sia in questi giorni di cielo scuro.