sabato 27 agosto 2011
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Caro direttore,mi ha riscaldato il cuore vedere alla Gmg così tanti giovani insieme, variopinti – come i colori di una tavolozza da pittore – nei talenti e nei carismi personali, intimamente uniti nella preghiera. Eppure il pensiero corre al futuro di questa generazione. In Italia, secondo l’ultimo rapporto Censis, lavora il 66,9% dei laureati dai 25-34 anni contro l’84% a livello europeo. Nella stessa fascia d’età (25-34 anni) solo il 29% ha concluso la scuola secondaria inferiore. Aumentano (+11%) i ragazzi che non studiano e non lavorano – i cosiddetti "Neet" – e dal 2000 fino al 2010 hanno lasciato l’Italia ben oltre due milioni di giovani dai 25-34 anni. Purtroppo la crisi economica globale sembra non aver ancora terminato la propria corsa. Quali risposte? Quali idee? Quali cambiamenti mettere in atto? Cosa fare perché la scarsità di risorse e opportunità non crei divisioni intragenerazionali? Tra gli interrogativi che urgentemente attendono una risposta, rimane una certezza: la vita di ogni giovane è una sola e purtroppo non aspetta!

Luigi Meani

Come abbiamo scritto e riscritto su queste nostre pagine nelle ultime settimane, caro amico, anche in Italia c’è una cosa sola da fare: non illudersi, come diceva Ronald Reagan a proposito del debito pubblico Usa, che certi problemi siano «ormai così grandi da badare a se stessi». Perché questo atteggiamento significa fingere che i problemi in realtà non esistano, convincersi che si possano lasciare marcire e che, in sostanza, la soluzione si possa rinviare ancora un po’. Cioè si possa lasciare tutto – problemi schiaccianti e soluzioni mancate – in eredità ad altri. Questi altri sono i nostri figli, i nostri nipoti. Non è una cosa facile mutare passo, anzi è complessa e ardua, ma è decisiva. Su fronti cruciali – tasse, pensioni, welfare, snellezza e robustezza istituzionale, efficienza amministrativa, formazione ed educazione – il tempo di scegliere, di agire e di cambiare è adesso. Una classe dirigente degna di questo nome dovrebbe avere la forza e il coraggio di alzare lo sguardo, di vedere e di perseguire il bene necessario per il Paese, per il suo presente e il suo futuro. Su qualcosa politici di maggioranza e di opposizione, imprenditori, sindacalisti possono – e persino devono – nutrire opinioni distinte. Su tanto, tantissimo, possono – e certo devono – trovare finalmente un terreno d’azione comune. Ci dimostrino di avere a cuore il bene comune. Ci dimostrino di saper valorizzare tutte le belle "forze pubbliche" di cui l’Italia dispone, nella sua articolata dimensione statale e nella sua generosa e creativa realtà sociale, nella quale le energie sprigionate dalla Chiesa e dai vitalissimi mondi cattolici sono parte rilevantissima, consapevole e pienamente offerta. Lo ripeto ancora una volta: per chi ha il compito di rappresentarci il tempo di scegliere, di agire e di cambiare è adesso. Bisogna saperlo fare e bisogna saper spiegare a noi cittadini, anche con personale esemplarità, ogni sacrificio e ogni obiettivo.

Marco Tarquinio

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