Caro direttore,
gli schieramenti scesi in campo in occasione delle recenti elezioni hanno visto, ancora una volta, un’assai frammentata presenza di cattolici, pressoché ovunque schierati. Il "sogno di Todi" non si è avverato e anzi si può ritenere che la frammentazione si sia addirittura accentuata. Di fronte alla grave crisi che travaglia il Paese non sarebbe opportuno che – al di là delle rispettive "appartenenze" – quanti sono da cattolici impegnati in politica si confrontassero schiettamente fra loro, in un terreno neutrale: per vedere insieme come, senza che nessuno debba rinunziare alle proprie convinzioni, ciascuno possa fare la sua parte – al di là degli interessi "di bottega" – per servire il Paese, che rischia una pericolosa involuzione? Ecco perché riterrei opportuno che da qualche parte (ma quale? Forse dalla Consulta delle aggregazioni laicali o dal Comitato permanente delle Settimane sociali?) provenisse un invito a quanti, nell’attuale Parlamento, si richiamano ai valori del cattolicesimo, a uno schietto, e riservato – lontano degli occhi manipolatori dei mass media – confronto su che cosa è possibile fare per il bene dell’Italia. Personalmente non credo che sia produttiva di frutti la prospettiva di una lunghissima crisi, di un governo senza maggioranza in Parlamento, di un pressoché immediato ricorso alle urne. Mi piacerebbe che, su questi temi, chi avverte la gravità della crisi che attanaglia il Paese facesse una piccola riflessione personale e, se necessario, una schietta autocritica. Cordialmente,
Giorgio Campanini
La sua riflessione mi sembra appropriata e saggia, caro professor Campanini. Un utile stimolo ai cattolici più impegnati ad affrontare con reciproca e fraterna disponibilità e rinnovata pubblica generosità una situazione difficile e rischiosa per l’Italia che non si è creata per caso, ma per miopia, precipitazione e presunzioni di politici vecchi e nuovi.