Le bugie hanno le gambe corte. Perché prima o poi la verità emerge e mette a nudo le vere intenzioni. È accaduto, ieri, con la pubblicazione della relazione sulla legge 194 per l’anno 2012. Oltre al dato positivo del calo delle interruzioni di gravidanza (che, però, restano sempre insopportabilmente troppe), spicca il capitolo dedicato all’obiezione di coscienza. A leggere resoconti e campagna mediatiche recenti c’era da attendersi la certificazione di un superlavoro per i "pochissimi" ginecologi disposti a praticare aborti e a «garantire un diritto (sic!) disatteso». Quello che invece appare chiarissimo è che i medici non obiettori devono praticare ciascuno, in media, 1,7 interruzioni di gravidanza la settimana. Il lavoro richiesto (costa davvero definirlo così) è, dunque, relativamente poco e, se davvero in qualche caso "difficoltà" si sono registrate, ciò dipende dall’incapacità organizzativa delle singole amministrazioni sanitarie locali. Si può solo concludere che l’attacco al primario e fondamentale diritto all’obiezione di coscienza in una materia come quella della vita umana è dettato unicamente da motivi ideologici. E si caratterizzi, questo sì, per radicalismo e intolleranza.