Se fossi convinto che una politica all’altezza della sfida del «bene comune» è solo un sogno, mi sarei iscritto come tanti – troppi – dei nostri concittadini italiani ed europei al partito del non-voto o dell’antipolitica. Penso – e mi ostino a sperare e volere – l’esatto contrario. Proprio come lei, gentile signor Di Marco, se intendo bene il suo tono e la sua domanda finale. Certo, vedo anch’io convinto che i devoti del «dio denaro» hanno preso molta forza. Lei ha ragione, agiscono da veri «cannibali» in un "mercato" sempre più avanzato e inselvatichito, nel quale tutto si fa a pezzi, a tutto è dato un prezzo e tutto si pretende di sbattere sui banconi del commercio e dell’azzardo: anche i corpi delle donne e degli uomini, anche i figli, persino la libertà, la dignità e la storia di intere comunità e di interi popoli. Ma tutti costoro non hanno già vinto e io sono e resto convinto che, comunque, non potranno vincere. E non lo affermo da avversario dell’economia di mercato, ma da tenace sostenitore di un altro mercato: sociale, civile, a misura di persona e di persone. Lo dico da appassionato della prospettiva indicata in modo limpido e incisivo, quasi cinquant’anni fa, nel 1967, da Paolo VI nella Populorum progressio e, prima e dopo, dal magistero della Chiesa, da Leone XIII a Francesco che con coinvolgente efficacia sta parlando agli uomini e alle donne del nostro tempo. Cito un passaggio in particolare (§ 59-61) dell’Enciclica montiniana: «Una economia di scambio non può più poggiare esclusivamente sulla legge della libera concorrenza, anch’essa troppo spesso generatrice di dittatura economica. La libertà degli scambi non è equa se non subordinatamente alle esigenze della giustizia sociale. (...) Non è lecito usare in questo campo due pesi e due misure. (...) Non che si debba o voglia prospettare l’abolizione del mercato basato sulla concorrenza: si vuol soltanto dire che occorre però mantenerlo dentro limiti che lo rendano giusto e morale, e dunque umano». Questo è il mercato di cui abbiamo bisogno, una dimensione della vita, delle attività e delle relazioni umane che non specula su e contro le persone, ma contribuisce a renderne migliore l’esistenza coniugando libertà e responsabilità. Un mercato che sia espressione di un’economia civile, ovvero libera ma responsabile. Non è un sogno è un obiettivo concreto, gentile amico lettore, per il quale vale la pena di impegnarsi, anzi come dice il nostro Papa «immischiarsi» con impegno generoso, competente e trasparente. Non solo in politica, ma anche in politica. Non solo in Italia, ma anche in Europa.