Storia di Alessandro, non più gay (rispetto, per tutti)
martedì 13 novembre 2018

Fa tenerezza, Alessandro, mentre si racconta. Nessuno è autorizzato a mettere in dubbio la sua esperienza. È sua, appartiene a lui, è fissata nel segreto del suo animo. Alessandro fa parte di una Chiesa evangelica palermitana. Prima di ricevere il battesimo fa pubblica confessione: da omosessuale è diventato etero. Parla con l’enfasi dei neofiti di ogni religione. I fedeli applaudono, felici, entusiasti, euforici. «Sono cresciuto senza una figura maschile, non ho avuto una figura forte e questo ha comportato tante cose, il diavolo si è insinuato nella mia vita, a poco a poco, ingannandomi, mi ha fatto credere che dovevo cercare mio padre in un altro uomo…». La mamma di Alessandro, cristiana evangelica, non si rassegna, prega per quel figlio che le ha confessato la propria omosessualità. Prega per la sua conversione, per la sua “guarigione”. Alessandro si converte e oggi testimonia che Gesù lo ha guarito.

Il filmato finisce in rete e scoppia il finimondo. Il giovane viene offeso e vilipeso. Le Iene televisive si recano a Palermo. Intervistano Alessandro e Joe Porrello, pastore evangelico, figlio del fondatore della stessa Chiesa, Lirio. Alessandro corregge il tiro, ammette che l’omosessualità non è una malattia. Anche Porrello ripete lo stesso concetto. Resta però lo scoglio della Bibbia che afferma che «Dio maschio e femmina li creò». L’inviato delle Iene si spinge più in là, mette in dubbio la trasparenza di quella comunità e accenna a qualche probabile plagio. Niente di tutto questo.

Conosco personalmente Lirio Porrello, uomo tutto di un pezzo da un punto di vista morale. Siamo stati amici fraterni. Abbiamo cercato Dio con tutte le nostre forze, divorato la Bibbia con l’avidità di Geremia. Abbiamo pregato, gioito, pianto insieme. Sentivamo, con tanti altri nostri amici, che questo mondo ci andava stretto. Niente e nessuno riusciva a riempire il baratro che sentivamo dentro. Eravamo tanto giovani, allora. Avevamo bisogno di una guida che non avevamo. Poi le strade si divisero.

Sul mio cammino apparve fra Riccardo, francescano, piedi scalzi, saio sdrucito, corona in mano. Dopo un breve, faticoso, gioioso cammino ritornai alla Chiesa cattolica, dalla quale tutti eravamo usciti. Il ritorno e la chiamata al sacerdozio furono tutt’uno. Avevo letto la Bibbia decine di volte, rimanendo con i miei dubbi. La sete di un sapere più scientifico mi affascinava. Sentivo che la Chiesa non era nata con me, che dovevo inserirmi in un fiume che scorreva da duemila anni. Lirio intanto era diventato medico. Uomo onestissimo, intelligente, trascinatore fondò la “sua” Chiesa che oggi, a Palermo, è frequentata da tante persone. Lirio Porrello segue quella che per lui è la Verità. Una Verità non sempre uguale a quella proclamata da altri fratelli protestanti. Diversissima da quella confessata da noi cattolici. Urge uno sforzo per incontrarsi. Il cammino ecumenico non può che essere una grazia da chiedere e perseguire. Una grazia che si ottiene solo se si rimane umili e miti.

Sfatata ogni illazione sul pastore Porrello e sulla sua comunità, rimane la domanda su Alessandro. Lui dice di essere un ex gay e noi abbiamo il dovere di credergli, dice di essere “guarito” dalle antiche attrazioni e noi non abbiamo il diritto di mettere in dubbio le sue affermazioni. Lui, però, si spinge avanti dando consigli ai fratelli omosessuali, chiamando in causa il diavolo e qui sorge l’obbligo di prendere le distanze. L’esperienza di Alessandro è di Alesssandro. Se sia vera o sia un’illusione potrà dirlo solo il tempo. Non si può essere chiusi a nessuna delle ipotesi. A questo giovane auguriamo ogni bene. Forse il linguaggio usato, l’enfasi con cui ha voluto testimoniare la sua esperienza, il modo di pregare dei fedeli, ci lasciano un tantino interdetti, ma sappiamo bene che ogni comunità, ogni religione, ogni ambiente ha il suo linguaggio e le modalità per esprimerlo. Non è questa la cosa che deve impressionare. C’è chi ha bisogno di silenzio e di solitudine per pregare e chi invece necessita del sostegno dei fratelli nella fede. Dio guarda al cuore.

Ai fratelli omosessuali che si sono sentiti offesi da Alessandro vorremo consigliare di andare oltre le parole. La sua testimonianza dice che l’omosessualità è qualcosa cui bisogna accostarsi in punta di piedi, con rispetto immenso per si sente attratto dal suo stesso sesso e con l’umiltà di chi sa di non sapere. Unicuique suum. A ciascuno il suo. Ognuno deve dare il suo contributo. La Chiesa cattolica e le Chiese evangeliche non sono l’Organizzazione mondiale della Sanità, ma comunità fondate da Cristo, re della pace e dell’amore. I fratelli e le sorelle omosessuali devono sentirsi accolti e amati come tutti. Sono figli di Dio. La notizia che tra i giovani omosessuali il rischio suicidio è triplicato non può che riempire di preoccupazione, dolore, rammarico. Da persone oneste dobbiamo pur chiederci perché. Amare significa dire a qualcuno: tu esisti e vali. Esisti e sei persona pensata, creata, amata da Dio.

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