Caro direttore,
a volte mi viene alla mente un pensiero e mi sorge una domanda. Mi sono sposata nel 1965. Mio marito, con un lavoro dipendente, guadagnava duecentomila lire al mese e ne spendevamo ventunomila per l'affitto. Abbiamo cresciuto quattro figli in maniera essenziale e dignitosa. In seguito, siamo anche riusciti ad acquistare con un mutuo un alloggio per abitazione. Oggi, con quella stessa cifra, molte famiglie non riuscirebbero a pagare neppure una bolletta delle varie utenze. Capisco che sono passati dei decenni, ma quale altro cambiamento d’epoca in campo economico e sociale è avvenuto da allora?
Giuseppina Botticelli
A me sembra, gentile e cara signora Botticelli, e i dati che via via pubblichiamo, analizziamo e commentiamo lo confermano, che in questi decenni ci sia una “proporzione” che è saltata. Lei e suo marito, appena sposati, per una casa in affitto dovevate investire poco più di un decimo del reddito familiare. Se questo fosse oggi possibile, le giovani coppie avrebbero molti problemi in meno. Negli ultimi anni, soprattutto nelle grandi aree urbane, un affitto si prende almeno un terzo e sino ai due terzi del reddito disponibile di singoli (spesso anziani) o di giovani coppie che desiderano figli e spesso subiscono anche questo incentivo a limitarsi a uno o a rinunciare del tutto... Il cuore oscuro del cambiamento d’epoca sinora avvenuto, e che possiamo e dobbiamo saper interpretare e indirizzare diversamente sia a livello globale sia nella nostra Italia, si può vedere anche in questa povertà relativa che tende a sommarsi alla povertà assoluta a causa di eventi critici (la pandemia, la guerra, emergenze energetiche e alimentari...) e perché è il prodotto inesorabile di una crescente disuguaglianza. Tutto ciò aiuta a capire, o a intuire, un altro fenomeno di questi anni che ha portato alla “ricostruzione” di una classe sociale che almeno in Occidente pensavano di aver largamente affrancato dal bisogno: i lavoratori poveri (in inglese working poors), il cui reddito si rivela troppo basso e spesso insufficiente non solo per casi di sfruttamento, ma anche in relazione alle condizioni di vita nell’area di residenza. Infine, accenno appena – perché altrimenti il ragionamento, che abbiamo fatto più volte su queste colonne, ci porterebbe molto lontano e perché la casa è comunque, rispetto ad altri beni, un patrimonio gravato da oneri e tasse –, al vantaggio garantito negli ultimi decenni anche sul piano fiscale alle rendite rispetto ai redditi da lavoro. Quanti pensieri, cara amica lettrice, a partire dalla sua sensibile domanda... Grazie.