Caro direttore,
le bugie hanno le gambe corte, dice un vecchio adagio. Succede che a Piacenza il Comune stabilisce che il rito delle unioni civili non avrà luogo nella sala comunale in cui vengono solitamente celebrati i matrimoni. Ed ecco che i senatori Cirinnà e Lo Giudice s’indignano e chiamano subito il quotidiano locale “Libertà” per reclamare la piena equiparazione nella civica “liturgia” tra unioni e matrimoni. Per mesi, certi sostenitori del testo di legge si sono stracciati le vesti, spiegando la diversità tra queste unioni e il matrimonio, visto il rinvio all’art. 2 della Costituzione (tutela delle «formazioni sociali») e non all’art. 29 (disciplina del matrimonio e della famiglia come «società naturale»). E invece eccoci con Cirinnà in armatura. Con quali motivazioni? Ricordando al sindaco Paolo Dosi che la legge 76/2016 prevede che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio ovunque ricorrono (…) «si applicano anche alle unioni civili». Ah, ma allora è vero che si tratta di matrimonio gay camuffato... Una verità sfuggita purtroppo persino al Presidente della Repubblica Mattarella, che è stato anche giudice costituzionale, ma ha firmato la legge. Già perché la Corte Costituzionale, nel 2010 pur invitando il legislatore a disciplinare le unioni omosessuali, tuttavia ribadiva nella sentenza 138 che, «i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso». E nel 2014, solo due anni or sono, affermava che «la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente è quella stessa definita dal codice civile del 1942, che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso». Tutto questo conferma che la legge 76 è palesemente incostituzionale. Insomma, delle due l’una: o le unioni civili si rifanno davvero all’art. 2 e pertanto, non trattandosi di matrimonio, nessun rito in sala matrimoni è dovuto, oppure la legge 76 equipara di fatto le unioni civili al matrimonio e allora la legge stessa si autodichiara incostituzionale. Noi vogliamo pubblicamente manifestare piena solidarietà e appoggio al sindaco Dosi.
Il Direttivo del Forum delle Associazioni familiari di Piacenza
Verissimo, cari amici, nessun rito è previsto e dovuto per la registrazione delle unioni civili. Nessuno può chiedere dunque conto al sindaco piacentino Dosi, come ad altri suoi colleghi, della decisione di procedere in modo sobrio agli adempimenti di legge in tema di unioni civili tra persone dello stesso sesso. E la senatrice Cirinnà e quei gran liberali dell’Uaar dovrebbero essere ben più democratici e rispettosi nei confronti di chi non si inchina alla loro visione, a certe pretese dirigiste e, persino, a incredibili diktat che – come s’è visto e sentito anche ieri – non si limitano solo a Piacenza, ma vorrebbero in tutta Italia dettar legge oltre la legge. Certo, è altrettanto vero che nessuna “forma” di registrazione delle unioni è proibita. Così come è vero che i riti “fanno costume”, solennizzando atti pubblici e scelte private. Ma non sono certo le cerimonie fatte o non fatte a dire qualcosa di risolutivo a proposito della costituzionalità di un istituto giuridico. Come abbiamo argomentato più volte su queste pagine proprio alla luce delle sentenze che voi ricordate, alcune parti della legge 76/2016 sono gravate da seri sospetti a questo proposito. Ma questo, anche a mio sommesso parere, non conduce a poter parlare di generale e «palese incostituzionalità» di una normativa che, nonostante le diverse e rilevanti correzioni al pessimo testo iniziale firmato da Cirinnà, continuo a giudicare «sbagliata». Il Capo dello Stato, poi, non è la Corte costituzionale e ha fatto con saggezza ciò che doveva, la Consulta – mi auguro – farà ciò che le compete.