Quel duro confine nei Balcani e il «servizio pubblico» reso da noi e dalla Rai
martedì 9 febbraio 2021

Gentile direttore,

ho visto un servizio a Tv7 sulla prima rete Rai, i reporter hanno sfidato il freddo polare e la polizia croata per raggiungere il “bosco degli orrori” al confine con la Bosnia. E allora chiedo a lei, direttore, come sia possibile che a pochi chilometri da noi, dall’altro lato dell’Adriatico, si consumi una tragedia per centinaia di immigrati nel silenzio dei più. È l’inferno dei disperati, resistono nascosti sotto alberi ghiacciati riparati da tende marce di fango. Sono arrivati da lontano con nulla addosso, alcuni nemmeno le scarpe. Molti sono partiti dall’Afghanistan o dalla Siria, Paesi segnati dalla guerra e ormai senza pace. Sono fuggiti dalla povertà o dalla violenza, hanno percorso un cammino lunghissimo. Ma si sono fermati lì, nel bosco dell’orrore al confine tra la Bosnia e la Croazia. Non li fanno passare ma anche tornare indietro è impossibile. Nel buio, la telecamera illumina visi di bambini con la faccia da adulto, se ne stanno ad aspettare mentre la scabbia gli mangia la pelle. Non li fanno passare ma loro ci riprovano: lo chiamano “game” il tentativo di superare le barriere poste dalla Croazia ma non ci riescono quasi mai e spesso vengono picchiati dalla polizia di confine. I volontari che cercano di portare aiuto e viveri vengono ostacolati e anche minacciati. Questo trattamento dura da mesi, qualcuno si trova lì da un anno. Come è possibile?

Gian Luigi Monari Genova

Già, gentile signor Monari, com’è possibile? Per questo abbiamo cominciato parecchi mesi fa a scrivere e far scrivere sulle pagine di “Avvenire” di questa storia terribile che continua da troppo, e a pubblicare fotografie e video sconvolgenti. Nessuno lo faceva, ma non si potevano tenere gli occhi chiusi. Per questo abbiamo deciso di mandare a più riprese un nostro bravo inviato, Nello Scavo, su quel confine tracciato nel cuore balcanico d’Europa. Sono contento e grato che le storie e le potenti immagini raccolte dai colleghi e colleghe della Rai lascino, a loro volta, il segno. Questo deve saper fare il servizio pubblico radiotelevisivo con la forza speciale che ha. Ma è tutta l’informazione che, oggi più che mai, se vuole onorare e mantenere il proprio ruolo, deve dimostrare di essere coraggioso e limpido «servizio pubblico».

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