Caro direttore,
sono un parroco. Cerco di capire la situazione politica italiana e vedo che si ripresentano le consuete divisioni e i soliti interessi di parte a danno di tutta la popolazione. Ho l’impressione che in Parlamento si continui a “giocare alla politica” senza tener conto delle sofferenze e difficoltà di tante famiglie e tanti giovani. Non penso che in Italia possano scoppiare chissà quali sommosse o accendersi un nuovo terrorismo, ma sta accadendo qualcosa che, forse, è persino più grave: l’implosione della nostra convivenza: famiglia, giustizia, sanità, ambiente presentano un quadro spesso desolante in cui le persone e le istituzioni di cui queste persone fanno parte cercano di sopravvivere facendo il possibile in un contesto in cui lo “Stato centrale” sembra eclissarsi. Siamo di nuovo sull’orlo di una crisi di governo e i cattolici di destra e sinistra sembrano non avere alcuna voce, non dico di profetismo evangelico, ma neanche di buon senso: ognuno agli ordini della propria parte politica. Forse il mio è un quadro troppo pessimista, ma vedo che sono in tanti a pensarla così.
padre Nicola Gregorio, Pisa
In questo momento, caro padre Nicola, credo che un alto e incalzante senso del dovere debbano sentirlo tutti i nostri politici. Ma proprio tutti, senza distinzioni. Certo, da coloro che per storia personale e per impegni al cospetto degli elettori vengono definiti “cattolici” ci aspettiamo di più. Quanto meno di essere in linea con i ripetuti e pressanti appelli dei nostri vescovi, e con particolare intensità del presidente della Cei, a non imprigionarsi nelle logiche di fazione e a dare priorità assoluta ai problemi dell’Italia e degli italiani. È tempo di «fare, e fare bene», ha detto in questo agosto il cardinal Bagnasco richiamando in modo speciale, ancora una volta, l’attenzione sul lancinante problema del lavoro. Il primo dei capitoli dell’agenda della responsabilità.