Caro direttore,
l’assenza di una comune politica fiscale europea evidenzia la debolezza politica dell’Unione. Nel contesto storico che stiamo vivendo, caratterizzato dall’emergenza coronavirus, sono sempre più inaccettabili i vantaggi fiscali che alcuni Paesi europei – tra i quali Irlanda, Cipro, Olanda e Malta – offrono a società multinazionali (e non solo) in palese concorrenza con gli altri Stati della Ue (tra cui l’Italia). In assenza di una vera, coraggiosa ma necessaria riforma, che però è possibile solo con l’unanimità di tutti gli Stati membri, la Commissione europea persegue con tenacia la sua lotta contro le furbizie, e in alcuni casi le frodi fiscali. È notizia di questi giorni – pubblicata su “Avvenire” – l’apertura di un doppio procedimento nei confronti del Lussemburgo.
Due sono i principali addebiti al Granducato. Nel primo caso si contesta la violazione della direttiva comunitaria contro l’elusione fiscale: il Lussemburgo, infatti, con il tax ruling permette alle multinazionali di scegliere la destinazione più vantaggiosa per il loro imponibile. Nel secondo caso viene contestata la violazione della direttiva contro il riciclaggio di denaro che prevede l’obbligo di comunicazione dei nominativi dei proprietari di società e trust e la mancanza di controlli periodici su banche e professionisti. L’Europa, che pure si è data nel tempo una legislazione chiara e precisa su temi importanti quali l’elusione fiscale e la trasparenza, non ha ancora trovato gli strumenti necessari per impedire che alcuni Stati membri disapplichino, con modalità diverse, quelle norme. La situazione diventa ancora più stridente se si pensa che uno di questi “paradisi fiscali” europei è proprio il Paese che più si sta opponendo alle politiche di sviluppo che l’Europa sta mettendo in campo (ogni riferimento all’Olanda è più che voluto). Avviata la Fase 2 della lotta al Covid–19, e messi in campo gli aiuti economici annunciati sia dalla Banca Centrale Europea sia dal Consiglio europeo e dalla Commissione, è giunto il momento che nazioni come l’Italia, la Francia e la Spagna si facciano promotrici di una proposta comune volta a favorire l’armonizzazione fiscale sul territorio comunitario. Una proposta ispirata a criteri di equità e giustizia, ora più che mai necessari in questo frangente che vede – e vedrà – sempre più allargarsi la forbice delle disparità sociali.
Un primo segnale positivo viene dal nostro Paese: bene ha fatto il Governo a introdurre nel Decreto Rilancio il voto plurimo per le società quotate. La modifica dell’articolo 127–sexies del Testo Unico della Finanza scoraggerà il trasferimento all’estero delle sedi sociali. Non a caso le novità legate a questa disposizione sono state apprezzate dagli analisti finanziari che hanno riconosciuto come questo piccolo, ma importante, passo avanti potrà rendere più efficace il contrasto a spostamenti di sedi legali al solo fine di evasione o elusione fiscale.
Avvocato e parlamentare europeo