Valentina Poggi
Gentile direttore, vorrei inserirmi anch’io nel dialogo «Muti, cantanti e appassionati» di venerdì 3 giugno. Di solito si mettono in evidenza solo gli estremi della questione: da un lato la "grande musica" e dall’altro le cosiddette "canzoni liturgiche". In realtà c’è una terra di mezzo molto positiva: ci sono in Italia decine e decine di compositori, molti anche giovani, che avendo studiato seriamente musica compongono canti liturgici ben scritti, adatti al canto dell’assemblea, ben esprimenti il testo liturgico o sacro; canti che – senza imitare gli stili della musica d’uso o da divertimento – ricercano quella 'nobile semplicità' di cui parlava il Concilio Vaticano II e quella "predisposizione" della melodia ad essere unita alla Parola di Dio di cui parlava il beato Giovanni Paolo II. Si sa che nelle parrocchie – è naturale – si fa quello che si può, con il rispetto per l’impegno e la fedeltà di chi opera in questo campo. E tuttavia: perché non "potere" ogni anno un po’ di più, dedicandosi ad uno studio serio della musica? Non è mai troppo tardi e non è necessario frequentare il Conservatorio: molte diocesi italiane hanno una propria 'Scuola diocesana di Musica', dove – oltre alla musica – si impara a conoscere meglio anche la Liturgia. Certamente si fa quello che si può, con i mezzi anche umili di cui si dispone: ma se – anziché accontentarsi – ogni anno si 'potesse' un po’ di più, si potrebbe 'fare' sempre meglio.Educare l’assemblea ad esprimersi sempre meglio e ad apprezzare una ricerca comunitaria – pur graduale e a piccoli passi – del 'bello' anche liturgico sarebbe un servizio non da poco nella Chiesa di oggi.don GianLuigi Rusconi, parroco di Sirone (Lc)preside del Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra
Trovo fondate e incalzanti le domande poste dalla professoressa Poggi. E mi sembra che l’esortazione, anche metodologica, al 'bello' di un esperto come don Rusconi sottolinei ulteriormente i problemi, indicando al tempo stesso anche la possibilità di risposte interessanti, utili e soprattutto attuabili. Per quel che vale, dopo l’appassionata "provocazione" del maestro Muti raccolta su Avvenire del 22 maggio e le risposte di due amici lettori (e animatori), io ho già detto venerdì scorso che cosa penso e provo.Ma credo che il dibattitto sia ovviamente e giustamente aperto e vedo che è così. Il nodo della dimensione musicale propria della Liturgia e delle sue modalità attuali c’è, eccome. Ed è bene che sia sentito.