mercoledì 31 agosto 2011
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MANOVRA / 1 Andrò in pensione 5 anni dopoCaro direttore,«Ha vinto Berlusconi!», titola festoso oggi (ieri, ndr) "Il Giornale" di famiglia. Non so se ha vinto Berlusconi, certo ho perso io. I quattro signori che hanno raffazzonato l’ennesima manovra per far fronte alla «crisi che non c’era» e che ci hanno condotto a questo punto per colpa della loro incapacità, hanno deciso che per la previdenza non possano più essere ricongiunti gli anni dell’Università. Ora, a parte il fatto che io ho versato tutti i contributi richiesti per il riscatto, questo mi comporta: – che andrò in pensione cinque anni più tardi (quanto valgono, presidente, cinque anni di vita di una persona?); – che perderò il diritto di avere il conteggio della pensione con il metodo retributivo e passerò a quello contributivo, con una perdita secca del 25% dell’importo della pensione (non solo le mani, anche i piedi ha messo nelle mie tasche, presidente!). Non solo, ma – siccome uno si fa i suoi progetti di vita illudendosi di essere governato da politici appartenenti alla specie homo sapiens – anni fa non ho sottoscritto un fondo integrativo per la pensione, facendo conto su quanto avevo maturato. Evidentemente l’indigenza mentale di chi ci governa impedisce loro di tenere conto nelle scelte che hanno a che fare con la carne viva della gente, con persone che sulle loro promesse hanno fatto precise scelte di vita. Oltretutto con la consapevolezza che questo mio travaso di sangue – oltreché iniquo – sarà inutile: non essendoci in questa saga delle manovre una riga dedicata alla sviluppo di questo che ormai oltre che essere un povero Paese, è anche un Paese povero, sappiamo già che con le stime del Pil al ribasso, mancano all’appello già molti miliardi di euro. Ma loro ci giocano, con la vita della gente.Roberto Carnesalli, MilanoMANOVRA / 2 Toccati i diritti acquisitiGentile direttore,ho quasi 60 anni e tra 22 mesi sarei andato in pensione. Ora tutto cambia: ho studiato, perché così volle mio padre, desideroso di evitarmi la vita di povertà che aveva fatto lui, al lavoro da quando aveva 10 anni. E già da tempo ho riscattato gli anni di Università. Ora tutto è inutile: devo restare al lavoro e quel periodo non conta più per consentirmi di stare a casa. A casa, si badi, non prima degli altri, ma alla stessa età di tanti miei coetanei. Che, grazie al fatto di non aver studiato, ora sono già in pensione o sono vicini ad andarci. Eppure, mi creda: diplomarsi e poi laurearsi con il massimo dei voti 40 anni fa non è stata una vacanza, come forse crede chi ci governa. Ed è stato un costo per le famiglie, non una risorsa, come invece sono stati i figli al lavoro. Perché, dunque, penalizzarci in questo modo, per giunta mettendosi in tasca ancora una volta quel principio dei "diritti acquisiti" che un tempo era sacro nel nostro ordinamento? Perché? Per evitare di far pagare una modesta tassa in più a calciatori e a super ricchi. Ma anche questa è immoralità, quella di cui parlava il cardinale Bagnasco ieri. Ed è ingiustizia, oltre che scelta illogica. Perché non consentire, invece, di andare in pensione con una penalizzazione, magari del 20 o anche del 25 per cento? Lo Stato recupererebbe in pochi anni la spesa iniziale e poi avrebbe una effettiva economia. E si farebbe spazio ai giovani, sempre più numerosi senza lavoro, anche perché noi, i laureati ormai colpevoli, occupiamo i posti cui essi ambiscono. Ho votato, purtroppo, per costoro. Non lo farò, mai più. Pensiamoci, da cattolici e da lavoratori.Fabrizio Demelas, Salussola (Bi)MANOVRA / 3Penalizzato chi ha studiatoGentile direttore,apprendo dai giornali che il governo, nella manovra che si appresta a varare, penalizzerà ulteriormente coloro i quali hanno investito anni di studio e di tasse universitarie per conseguire una laurea. Pongo una domanda preceduta da una premessa che frequentare l’Università in modo attivo crea senza dubbio professionalità e competenza lavorativa, però il quesito importante da porsi è: quale appeal può avere l’Università che diventa sempre più cara, che rappresenta sempre meno un ascensore sociale, che perde internazionalizzazione, che non permette più di ottenere quella corsia di accesso agevolato al mondo del lavoro (vedasi il propagarsi degli innumerevoli master che rappresentano spesso un’iperformazione per i giovani neolaureati)?Giuseppe Parise

Penso oggi, cari amici, quello che pensavo ieri e che ho imparato sin da piccolo: pacta servanda sunt. I patti vanno rispettati, anche nel rapporto (soprattutto se previdenziale o fiscale) tra Stato e cittadini. Penso, poi, che la materia pensionistica non è un tabù, merita però riforme incisive e serie, non sottrazioni senza destrezza. Penso che in Italia abbiamo urgenza di una rivoluzione fiscale che semplifichi la vita della gente e tenga in massimo conto – premiandoli – le famiglie, i contribuenti onesti, gli imprenditori coraggiosi e tutti quelli che fanno davvero del bene ai piccoli e ai poveri. E continuo anche a pensare – da pagatore di tasse candidato a pagare di più – che si possa e in certi casi si debba essere capaci di dare al proprio Paese un supplementare "contributo di solidarietà", proporzionato al proprio reddito e ai propri carichi familiari, ben spiegato e meglio speso. Forse, come tanti, chiedo e sogno la luna. Ma, oggi che la notte è scura, è proprio della luna che abbiamo bisogno.Marco Tarquinio
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