Luigi Zaninoni, Piacenza
Ebbene sì, gentile signor Zaninoni, io sono un «superficiale». Penso davvero che l’evasione fiscale sia un furto, una sottrazione di risorse alle casse comuni e un insulto a chi fa il proprio dovere di cittadino e di contribuente. Lo penso e lo ribadisco. Naturalmente non contesto i suoi conti di "competente" (complimenti per l’aliquota massima che s’è guadagnato col suo lavoro...). Semplicemente non credo nell’autodeterminazione assoluta dell’uomo e del cittadino, neanche sul piano fiscale. Se una legge è ingiusta, se una tassa o un contribuzione sono sbagliate, si lotta per cambiare. E, nel caso delle leggi in materia tributaria, lo si può fare solo mettendo davanti alle proprie responsabilità coloro che ci governano e che siedono in Parlamento (il referendum abrogativo in questa materia è, infatti, impossibile), non certo autoriducendosi l’imposta. Questo giornale chiede da quasi due decenni una rivoluzione fiscale che valorizzi finalmente il ruolo della famiglia, ma non per questo incita al "non pagamento" di ciò che è oggi dovuto secondo le leggi. L’obiezione di coscienza, quella vera, non conosce interesse e non è legata a un tornaconto particolare. Potrei aggiungere una lunga – e forse non del tutto competente – postilla sui diversi margini di manovra (e di elusione e di evasione...) di lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, ma non mi piace contrapporre gli uni agli altri. E poi, vivendo e facendo il cronista, ho imparato due cose. La prima è che il confine tra le due categorie è a volte labile (ci sono lavoratori prevalentemente dipendenti che trovano tempo e modo per essere anche autonomi e viceversa...). La seconda è che il problema della giustizia fiscale non si risolverà di certo con le guerricciole tra (tar)tassati... Ma so anche che la battaglia contro l’evasione è certamente una battaglia decisiva. E se qualcuno pensa che sia "superficiale" dirlo, accetto volentieri il rischio di passare per superficiale.
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