Il sabato santo è il giorno del silenzio. In questo sabato santo voglio interrogarmi sul silenzio di Dio. In quest’ora tragica della storia a me il silenzio di Dio sembra assordante.
Non mi accontento di scorciatoie tese a trovare, anche legittimamente, forme di consolazione o rassegnazione. No. A me, di fronte al dramma che così repentinamente e rovinosamente ha colpito il mondo intero, il silenzio di Dio sembra proprio assordante. E mi torna prepotentemente l’interrogativo di sempre. Di fronte al male, di fronte alla sofferenza in tutte le sue forme, di fronte a questo dolore e a queste morti così “ingiuste”, Dio dov’è? Dio, dove sei?
«Io grido a te ma tu non mi rispondi, insisto ma tu non mi dai retta», urla Giobbe contro quel Dio che aveva servito e riverito e dal quale era stato messo alla prova, piagato nel corpo, lasciato quasi solo al mondo. E’ l’imprecazione dell’uomo, umanissima, naturale. Disperata e disarmata dinanzi a quel silenzio incomprensibile.
Benedetto XVI, varcando i cancelli di Auschwitz, il 28 maggio 2006, con parole sofferte e profonde, chiedeva conto a Dio del perché avesse taciuto davanti al lungo camino che lavorava indefesso nel compiere lo sterminio voluto da mano umana: «Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell'Israele sofferente: “…Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose… Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svégliati, perché dormi, Signore? Déstati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!”» (Salmo 44,20.23-27). Questo grido d'angoscia che l'Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d'aiuto di tutti coloro che nel corso della storia – ieri, oggi e domani – soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi.
Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio, vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l'uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione. No, in definitiva, dobbiamo rimanere con l'umile ma insistente grido verso Dio: “Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l'uomo”! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio, affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell'egoismo, della paura degli uomini, dell'indifferenza e dell'opportunismo. Emettiamo questo grido davanti a Dio, rivolgiamolo allo stesso nostro cuore, proprio in questa nostra ora presente, nella quale incombono nuove sventure… Il Dio, nel quale noi crediamo, è un Dio della ragione, di una ragione, però, che certamente non è una neutrale matematica dell'universo, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene. Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio.
Con il suo lacerante grido sulla Croce – «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46) – Gesù fa suo il grido dell’umanità che si ribella al silenzio di Dio! E qui, proprio qui, Dio ci parla. Torno a ripetermi e a ripetere a te, fratello e sorella che mi leggi, quanto lo Spirito suggerisce al mio cuore: Dio è lì, inchiodato sulla Croce! Dio è lì, in Croce. Non c’è altro posto per Lui! Dio non è muto, Dio non è beffardo, Dio non è codardo. Dio non ci abbandona. Dio c'è. Dio è qui. Dio, anche se misteriosamente, opera. Dio è proprio qui: sulla Croce! Sulla Croce, su ogni croce Dio è lì, è proprio lì! Dio non è muto davanti al dolore disumano dell’uomo, ma ci parla e ci dice: “Io, Gesù, il figlio innocente di Dio e dell’uomo, io per primo ho sofferto, ho pianto, ho urlato il mio dolore, sono morto, e nel mistero della mia Croce sono riposti il segreto e il senso di ogni croce, di ogni grido di dolore, di ogni morte”.
Così Dio dà una risposta e la risposta sta proprio nell’esempio vivo di Gesù di Nazareth che fa suo il dolore dell’uomo, anzi il dolore più infamante e lancinante, il dolore più “ingiusto”, lo condivide totalmente per insegnare a tutti che la condivisione dell’amore vince il dolore e annienta la morte!
Il “caso serio” della storia del mondo è uno solo: la Croce di Cristo.
«La verità, che costituisce la misura della fede, è la morte di Dio per amore del mondo - per l’umanità e per ciascun membro di essa – nella notte di croce di Gesù Cristo. Tutte le fonti della grazia sgorgano da quella notte: fede, carità e speranza. Tutto ciò che io sono, in quanto sono qualcosa di più che un essere caduco e senza speranza, le cui illusioni sono tutte distrutte dalla morte, lo sono a causa di quella morte che mi apre l’accesso al Dio che appaga. Io fiorisco sul sepolcro di Dio che è morto per me, io affondo le mie radici nel terreno della sua carne e del suo sangue. Perciò l’amore che ne traggo dalla fede, non può essere di natura diversa da quello del sepolto» (Hans Urs Von Balthasar, “Cordula, ovverosia il caso serio”, Queriniana, Brescia 1968, p. 27).
Io fiorisco sul sepolcro di Dio che è morto per me. Il silenzio del sabato santo!
Sacerdote