La giornata nazionale del volontariato celebrata domenica scorsa è stata l’occasione per mettere a fuoco l’importanza di una realtà che, non a caso, una campagna in corso vuole far proclamare dall’Unesco 'patrimonio immateriale dell’umanità'.
«È legge dell’universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri», così Antonio Genovesi – il padre dell’economia civile – contrapponeva la sua visione dell’uomo positiva – homo homini amicus – a quella hobbesiana dell’homo homini lupus. I dati del Rapporto Mondiale sulla Felicità ( World Happiness Report) gli danno ragione quando sottolineano come la gratuità sia uno dei sette fattori che spiegano tre quarti delle differenze di soddisfazione di vita tra Paesi su un campione di centinaia di migliaia di intervistati in tutto il mondo. Se questo è vero è il momento di smetterla di contrapporre volontariato a interesse personale come se chi dedica il proprio tempo libero agli altri fosse un masochista. Dovremmo piuttosto parlare di autointeresse miope e autointeresse lungimirante dove il primo non si rende conto, a differenza del secondo, che la gratuità è l’ossigeno della nostra vita. E la mancanza di quest’ossigeno dà luogo a quelle 'trappole di povertà' di senso del vivere che è dimostrato riducono la probabilità di sopravvivenza della popolazione anziana e possono generare fenomeni collettivi come l’epidemia di morti per disperazione che ha aumentato la mortalità della popolazione anziana negli Usa in controtendenza rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo.
George Akerlof vinse il Nobel dell’economia nel 2001 anche grazie al suo lavoro più noto, quello dove spiega come in un’azienda postale americana lo scambio di doni sia alla radice della qualità delle relazioni e della produttività nell’ambiente di lavoro. Il dono genera riconoscenza e gratitudine rafforzando legami e reti che sono fondamentali per la nostra vita individuale sociale. A scuola ci hanno insegnato quattro operazioni ma non ci hanno mai parlato della quinta. Sappiamo quanto fa uno più (meno, diviso, per) uno ma non ci hanno insegnato che uno 'insieme' a uno fa sempre più di due. È la legge della superadditività e vale in tutti i campi della vita, a partire da quando si formano a scuola gruppi di studio in cui ci si aiuta reciprocamente e alla fine i voti migliorano e vanno oltre la somma di quello che gli studenti avrebbero ottenuto lavorando da soli.
Se gratuità e dono sono così preziosi per persone e comunità, dovremmo aver chiaro quanto sia fondamentale il ruolo delle realtà di volontariato che organizzano la gratuità, rendendola sempre più generativa.
Dai volontari che fanno compagnia agli anziani soli nelle nostre città, a chi fa servizio alle mense dei poveri e negli ospedali, guida le ambulanze o si preoccupa di rigenerare beni comuni nel nostro territorio sono molteplici gli ambiti in cui si sviluppano azioni che non solo tappano buchi o mettono pezze, ma risultano spesso decisive anche per la realizzazione di obiettivi delle istituzioni e nella creazione di quel capitale sociale così importante per la nostra società. Perché se è vero che i volontari hanno salvato patrimoni di arte e cultura a Firenze ai tempi dell’alluvione e soccorso popolazioni dopo i terremoti, è anche vero e dimostrato che le pareti delle scuole riverniciate dall’opera volontaria dei genitori degli alunni hanno probabilità molto maggiori di non essere imbrattate. Per tutti questi motivi le organizzazioni di volontariato nutrono oggi la giusta ambizione di partecipare alla definizione delle strategie del bene comune in un percorso di coprogrammazione con le istituzioni e non solo di intervenire dopo a curare le ferite.
E la coprogrammazione, il cui ruolo nella realizzazione del dettato costituzionale è stato sottolineato da una recente sentenza della Consulta, è oggetto di percorsi di formazione a livello nazionale come quello appena conclusosi con le organizzazioni delle sei Regioni del Mezzogiorno organizzato dal Forum del Terzo settore, dal Centro Servizi Volontariato e dalla Fondazione con il Sud Se tutte queste cose sono vere, e le stesse istituzioni non fanno che ricordarcelo, bisogna essere allo stesso tempo consapevoli che aumentare il costo dell’attività volontaria non è certo un bene per i cittadini e per la società.
Senza entrare nei dettagli di tutte le complesse tecnicalità della decisione di questi giorni, domandiamoci perciò se rendere obbligatoria per tutte le associazioni di volontariato l’apertura di una partita Iva con il decreto fiscale approvato in Senato sia una misura coerente anche solo con il percorso di semplificazione e sburocratizzazione che riteniamo sacrosanto per il nostro Paese (soprattutto per le piccole e medie imprese). Un impegno del quale coloro che decidono le leggi (magari pretendono di farlo nelle segrete stanze 'tecniche' dei Ministeri) sembrano dimenticarsi quando si tratta di associazioni di volontariato. E meno male che in Parlamento la reazione, da sinistra a destra, si sta facendo sentire.