Oltre il contagio, pensare il futuro (Chi può anche sapendo dare di più)
domenica 22 marzo 2020

IL SINDACATO IN CAMPO PER AIUTARE CHI CI AIUTA
SOSTENIAMO LE TERAPIE INTENSIVE E GLI “ANGELI” IN CORSIA

Caro direttore,
restiamo uniti nella sofferenza: l’appello accorato del presidente della Repubblica Mattarella non può essere disatteso da nessuno in questo momento così grave e difficile per il nostro Paese. Bisogna mettere in campo ogni intervento possibile e straordinario per affrontare questa terribile emergenza sanitaria.
Mancano posti letto in terapia intensiva, mancano respiratori, mancano le giuste protezioni per chi lavora negli ospedali, da chi fa le pulizie nelle stanze, agli infermieri, ai medici, a tutto il personale sanitario. Dobbiamo aiutare chi ci aiuta: possiamo dare anche noi un piccolo contributo per dotare i nostri ospedali di quegli strumenti che servono oggi a salvare la vita e dotare chi lavora negli ospedali di quelle protezioni così necessarie in questo momento. È per questo che come Cgil, Cisl, Uil abbiamo promosso una raccolta di fondi, ovviamente in raccordo con la Protezione Civile, per rafforzare il nostro sistema sanitario di terapie intensive, oggi così necessarie per salvare le vite umane e anche per dotare tutti coloro che lavorano nella Sanità di quegli strumenti di protezione personale. È stato aperto un conto corrente bancario – Monte dei Paschi di Siena Iban IT 50 I 01030 03201 000006666670 con causale: “Aiuta chi ci aiuta” – su cui far pervenire le sottoscrizioni di singoli cittadini, lavoratori e pensionati, luoghi di lavoro e leghe dei pensionati. Il ricavato sarà interamente versato alla Protezione Civile per il potenziamento dei reparti di terapia intensiva e l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale. È un modo per stare vicini agli ammalati, alle loro famiglie, soprattutto alle famiglie che hanno subito dei lutti. Dobbiamo essere orgogliosi del lavoro instancabile di medici, infermieri, del personale degli ospedali, dell’intera struttura nazionale di assistenza. Sono loro, oggi, i nostri “angeli” che si stanno prendendo cura dei tanti malati, soprattutto dei nostri anziani, i più colpiti dal virus anche perché sofferenti di altre patologie. Con turni di lavoro massacranti e rischi personali enormi fronteggiano una situazione emergenziale inedita e grave che purtroppo risente anche degli effetti negativi di anni di tagli e mancati investimenti nella sanità pubblica.
Nei prossimi giorni sarà versato un primo contributo di 200mila euro da parte delle tre Confederazioni nazionali, a cui si stanno aggiungendo ulteriori donazioni da parte di altre strutture sindacali di categoria e del territorio. Dobbiamo fare tutti la nostra parte con grande senso di responsabilità, rispettando le indicazioni delle autorità, ma anche aiutando con gesti concreti e di solidarietà chi è oggi in prima linea per combattere contro questa terribile pandemia.
Annamaria Furlan, Segretaria Generale Cisl


UNA «SOTTOSCRIZIONE»
PER SALVARCI SENZA DEBITO

Caro direttore,
è all’ordine del giorno del Paese – a causa della preoccupante emergenza da coronavirus – il problema delle conseguenze economiche di una crisi della quale non si intravede la fine: per affrontare la quale il Governo ha chiesto e ottenuto dall’Unione Europea un aumento del deficit, superando le rigide norme che hanno sino a ora regolato la Ue.
Mi domando, tuttavia, se questo ulteriore ricorso al debito – che ha raggiunto limiti “stratosferici” – sia l’unica via da percorrere. Perché non provare la strada dell’appello al Paese, alla migliore Italia, quella che si risveglia proprio nei momenti di crisi? Più specificamente, ritengo che il Presidente della Repubblica, nella sua autorevolezza, potrebbe rivolgere un diretto appello al Paese, proponendo una pubblica sottoscrizione, attraverso la quale, con versamenti volontari a fondo perduto, i cittadini venissero incontro allo Stato in una difficile congiuntura del Paese. Ovviamente, l’amministrazione di questi fondi dovrebbe essere posta in mani autorevoli, come quelle della Banca d’Italia, in uno stile di assoluta trasparenza, dandone conto al Paese. Si tratta di un’utopia, in presenza di un’opinione pubblica diffidente e frastornata? Forse sì. Ma, accanto a categorie di italiani che rischiano di trovarsi in situazione drammatica, ve ne sono altre – come i titolari di grandi patrimoni ma anche i pubblici dipendenti e i pensionati ad alto reddito che potrebbero fare un piccolo–grande sacrificio per il Paese. La mia è proprio una proposta utopica? Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.
Giorgio Campanini, Storico e sociologo, già docente universitario a Parma, Lugano e alla Lateranense


UNA RACCOLTA DI SOLIDARIETÀ
PER LA SCUOLA E LA RICERCA

Caro direttore,
la situazione causata dalla pandemia da coronavirus è drammatica a livello sanitario e in ognuno di noi c’è la paura del contagio, ma è anche drammatica per le ricadute sull’economia ed è facile prevedere che quando la pandemia in Italia e nel mondo sarà finita, la ripresa sarà molto difficile e particolarmente difficile per la cultura che produce un risultato a distanza di tempo. Il cittadino che è in me pensa alla scuola, alla ricerca e a tutti i settori collegati. Già un numero enorme di miliardi sono stato stanziati in deficit per l’emergenza nella catastrofica situazione attuale e altri saranno necessari. Ora nessuno regala miliardi e i debiti peseranno su una possibile ripresa nella quale esigenze urgentissime metteranno in un angolo quelle della cultura.
Nella convinzione che proprio la scuola e la ricerca saranno elementi fondamentali per il futuro dei nostri giovani, un ingenuo cittadino propone una raccolta di fondi vincolati allo scopo, con modalità da definire. L’ingenuo cittadino fa il seguente, assurdo calcolo: i cittadini italiani sono 60 milioni, se ognuno di essi desse 1.000 euro, si raggiungerebbe la bella cifra di 60 miliardi; ovviamente poiché molti, moltissimi cittadini, per età o risorse, non possono dare 1.000 euro, occorre un forte spirito di solidarietà con vantaggio di tutti e di ognuno di noi. I ricchissimi, i ricchi e i meno ricchi diano un contributo per ogni cittadino che non può pagare. È una proposta di solidarietà morale ed economica a vantaggio di tutti.
Dopo lo tsunami del virus ci troveremo davanti un Paese con la scuola e la cultura in generale assai ridimensionate e malate e ciò sarà male anche per i figli dei ricchi. Questi potrebbero tentare la soluzione di mandare i loro rampolli a studiare all’estero. Ma dove? Anche là sta passando il virus e ha già causato un rimescolamento dei valori, con il prevalere di quelli istintivi della sopravvivenza. E che forse vogliamo ritornare così indietro? Le istituzioni potrebbero fornire gli strumenti idonei alla raccolta nel rispetto della privacy e della libertà del cittadino.
Tante volte davanti al precipizio bisogna sostenersi a vicenda per non cadere nella china di una comune disperazione dalla quale è difficile risalire.
Lamberto Maffei, neurobiologo, presidente emerito dell’Accademia dei Lincei


Tra le tante lettere concentrate sulla pandemia e sulle sue conseguenze, ne scelgo tre dalla firma specialmente “pesante”. Quelle della leader di un importante sindacato, Annamaria Furlan, e di due intellettuali di grande prestigio e di lunga esperienza, Giorgio Campanini e Lamberto Maffei. Le accomuna una stessa intenzione buona e salda: in un tempo di preoccupazioni e di ristrettezze – di spazio, di orizzonti, di reddito... – chiamano a dare un po’ di più per umanizzare e concretamente sostenere l’impegno comune contro il coronavirus. Questo fanno coloro che magari con proposte «ingenue» – come le definisce con niente affatto remissiva autoironia il professor Maffei – dimostrano di preoccuparsi, da “anziani” quali sono, prima che del contagio possibile, del futuro delle giovani generazioni che forse sono davvero meno vulnerabili dal virus, ma che di certo subiranno il peso delle scelte che compiremo in questa aspra fase della nostra storia. Stiamo a casa, dunque. Tenendo saldi i rapporti umani, anzi ingentilendoli il più possibile. E ognuno dia ciò che può, e chi più può dare più dia. Non penso solo ai soldi, come non ci pensano questi illustri amici, che indicano un mezzo perché sanno vedere il giusto fine. Penso a ciò che fa degna la vita di essere vissuta, perché l’istinto di sopravvivenza è forte in noi, ma di più lo è l’amore per ciò che e buono, bello e giusto. E a chi continua a dirci che è vero il contrario mostrate anche solo una delle foto che testimoniamo la dedizione di quanti in tanti modi si battono contro il male che ci assedia. Ditegli di leggere i nostri fondi di oggi – di Francesco Riccardi e Fabio Carminati – e di farsi accompagnare dai versi di Daniele Mencarelli in prima pagina (e sul nostro canale YouTube). Ditegli di vedere e capire finalmente ciò che le reti di solidarietà – prima fra tutte quella della Caritas – fanno per rendere meno buia la notte e alimentare la luce.



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI