Un viaggio a tre, tra cristiani. In un Paese dilaniato dalle guerre. Un pellegrinaggio ecumenico di pace mai effettuato finora da un Pontefice condiviso con i leader della Chiesa anglicana e presbiteriana. «Non sono giunto qui da solo, perché nella pace, come nella vita, si cammina insieme», ha detto papa Francesco arrivando in Sud Sudan. «Un viaggio che si è compiuto come non si era mai fatto prima, mai – ha sottolineato da parte sua l’arcivescovo anglicano di Canterbury – perché non possiamo, non vogliamo essere divisi». Così le tappe del viaggio in Sud Sudan hanno visto insieme – fino alla conferenza stampa congiunta sul volo papale di ritorno – il Papa, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il moderatore della Chiesa presbiteriana di Scozia, il reverendo Iain Greenshields. E insieme, con lucida schiettezza, hanno dato lustro a una esemplarità ecumenica per la riconciliazione in un mondo segnato da divisioni e conflitti. Soprattutto hanno dimostrato, senza pregiudizi e senza complessi d’Occidente, che è possibile percorre altre strade rispetto all’immobilismo che caratterizza tutti i vertici internazionali e gli incontri bilaterali sull’Africa, dove si discute solo come arricchirsi di più e con modalità sempre più invasive per consolidare il potere degli interessi predatori, spesso con la complicità delle classi dirigenti locali, incapaci di servire il bene comune dei propri Paesi.
«Le azioni parlano più delle parole. Il Governo ci ha invitato a entrare nella sua stanza e noi ci siamo impegnati a fare tutto il possibile per fare la differenza in questa situazione» ha voluto precisare il reverendo presbiteriano Iain Greenshields nel corso della Conferenza stampa sul volo di ritorno. Bisogna infatti sottolineare che quanto si è compiuto non è un auspicio, è già frutto di un lavoro da tempo intrapreso in questo Paese tra le Chiese cristiane, che hanno svolto in questi anni un ruolo importante in Sud Sudan, come anche nelle aree di conflitto disseminate nel continente africano. È stato reso possibile anche per l’impegno pregresso fin dalla seconda guerra civile tra Nord e Sud Sudan del South Sudan Council of Churches, un organismo communionale la cui attuale missione copre l’educazione civica, la pace e la riconciliazione, oltre a programmi di sviluppo. Un modo davvero profetico per testimoniare il Vangelo della pace all’insegna dell’ecumenismo. Anche se lontano dai riflettori, esse hanno impresso un rinnovato impulso. Ed è importante sottolineare che in questo caso l’ecumenismo rivela il suo pragmatismo testimoniale proprio in quanto rende intelligibile la fraternità, facendosi interprete del messaggio evangelico: «Questa è la via: rispettarsi, conoscersi, dialogare – ha detto il Papa – atteggiamento, essenziale per i processi di pace, che è indispensabile anche per lo sviluppo coeso della società».
Così l’impegno condiviso e profuso per la pace, prescindendo dall’appartenenza a questa o a quella Chiesa rende intelligibile la piena consapevolezza di poter imparare dagli altri dialogando, condividendo e insieme interpretando i segni dei tempi. In un continente come l’Africa, ricchissimo di risorse umane e materiali, ma oggetto di continua predazione, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso allora possono rappresentare, se giustamente interpretati, una straordinaria occasione di riscatto per tutelare la dignità di popoli oppressi dalle guerre e da quegli interessi egemonici su cui si regge il colonialismo moderno, versione riveduta e «scorretta» di quello che in passato legittimò la tratta dei popoli africani. «Quello che la Chiesa porta – ha detto l’arcivescovo Welby – non è solo fornire reti che non sono corrotte, per cui gli aiuti arrivano nei Paesi e aiutano a superare le linee che dividono due parti in lotta. È il cambiamento delle persone e questo è stato il punto di questa visita. La differenza non l’ha fatta il governo, ma dalle Chiese che hanno inciso sul cambiamento».
L’auspicio è che le Chiese cristiane possano dunque essere il bacino, il vivaio, all’interno delle quali possono formarsi e le nuove classi dirigenti africane. Il pellegrinaggio ecumenico che si è compiuto in Sud Sudan è dunque un fatto storico che sottolinea e amplifica nuovamente le prospettive di un percorso indispensabile e irreversibile tra Chiese cristiane urgentemente richiesto dai segni dei tempi, nei quali l’impegno e il servizio comune delle Chiese cristiane e dei loro responsabili esigono di offrirsi testimoni come lievito per favorire la giustizia, la fratellanza e la pace dei popoli. Quindi per il loro sviluppo.