Caro direttore,
oggi – giovedì 13 novembre – ho passato l’intero pomeriggio a Pellestrina, dove sono nato e cresciuto. Due giorni fa qui c’è stato il finimondo. Insieme con il vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo, il parroco dell’isola e tre altri sacerdoti, camminiamo per la via interna che percorre l’isola tutta intera, lì dove si apre la fila delle case che guardano la laguna: dalla chiesa di Ognissanti, la principale, alla chiesa di sant’Antonio, passando per il santuario della Madonna dell’Apparizione e il “capitello” nei pressi della Remiera. Casa dopo casa, tratto di strada dopo tratto di strada, la gente è qui, tra le mura domestiche, sull’uscio o sul selciato, uomini e donne, giovani: puliscono, lavano, scelgono, trascinano oggetti – frigoriferi, poltrone, divani, sedie, intrecci di materiale vario – li depositano sulle piazzole o li addossano al muretto che percorre la laguna. Molte persone riconoscono il vescovo e i preti che sono nati qui. Strette di mano, qualche parola, uno sguardo, un sorriso. I volti sembrano fatti a strati, dicono la paura, l’energia, la speranza; affiorano rossore, rabbia, voglia di ricominciare; qualche viso è lavato di pianto. Ieri a quest’ora le case erano tutte ancora sott’acqua, acqua salata che per lunghissime sedici-diciotto ore ha imbibito cucine e poltrone, mobili e tavoli di lavoro. Le pompe che dovevano ributtare l’acqua in laguna non hanno funzionato e vediamo ancora all’opera i pompieri, venuti da Vicenza e Padova; mentre liberano pozzetti intasati, sperimentano essi stessi la solidarietà della gente di questa striscia di terra tra mare e laguna, accolti come fratelli a cui offrire un pasto caldo e un caffè anche in situazione di emergenza. Come il 4 novembre del 1966? Peggio, dice qualcuno.
Allora il pericolo venne dal mare, che spazzava i murazzi, la ciclopica muraglia di difesa dalle onde. Il pericolo era montato a poco a poco, e intanto erano arrivati grossi traghetti per il trasbordo della gente in fuga dall’isola; alla fine non fu necessario. Questa volta, è scoppiata all’improvviso la laguna. Una “normale” alta marea è diventata in pochi minuti una specie di tsunami che è proseguito per oltre un’ora nella notte, sorprendendo la gente in casa; non “sette centimetri di meno” del ’66 ma ondate ben più alte e violente che hanno superato la banchina di protezione, hanno sbattuto e divelto dai cardini le porte delle case e invaso i pianterreni, dove abitano quasi tutte le famiglie; macchine riempite d’acqua o galleggianti per le strade, barche sbattute una sull’altra o gettate sulla riva, danneggiate o distrutte. Ascolto il racconto drammatico di un amico; avvisato da un parente, con l’acqua fino alla cintola raggiunge la riva dove il suo barcone da mare è violentemente sbattuto, nel buio si aggrappa a una corda e sale a bordo, e con uno sforzo immane conduce la barca alla secca nel vicino cantiere e vi rimane tutta la notte; l’isola è completamente al buio; un uomo tenta di allacciare la pompa per svuotare l’acqua che gli ha invaso la casa e rimane fulminato. La mattina seguente – raccontano – la desolazione. I capannoni sparsi in laguna rasi a livello dei pali di sostegno; materiali vari dispersi per le vie. Una donna ci dice: «L’altra sera siamo saliti al primo piano a dire il Rosario; finito l’ultimo mistero, il vento è calato; la Madonna ci ha salvato anche stavolta». Un uomo in faccia al vescovo sbotta: «Il Crocifisso, quanto ci fa tribolare!?».
Ieri e oggi, un giovane elettricista ha lavorato 15-16 ore al giorno per ridare energia alle case; gli dicono: “Sei proprio figlio di tuo padre e di tua madre”. La madre lava e stira, insieme con la sua biancheria, quella di una donna sola che non potrà nemmeno dormire nella sua casa, e che ha trovato ospitalità da altre persone. Qui ognuno aiuta l’altro, non bada solo alla propria abitazione, scioglie ogni diffidenza e dà una mano al vicino e al lontano. Al Lido di Venezia, che è appena un po’ più in là, si è già iniziata una raccolta di elettrodomestici da inviare nell’isola. Il vescovo Adriano propone uno specifico intervento della diocesi; un gruppo di amici apre una sottoscrizione.
Entriamo nel Santuario della Madonna dell’Apparizione, ben salvaguardato dai suoi sette gradini. E la cripta? Completamente asciutta. Qui le pompe hanno funzionato. Davanti al quadro della Madonna dell’Apparizione il vescovo prega un’Ave Maria e benedice tutte le famiglie di Pellestrina. Qui, davvero, la Madonna continua ad aiutare il suo popolo a risorgere.
don Angelo Busetto, Chioggia
Lascio la parola a lei, caro don Angelo, in questa domenica di pioggia e mare grosso e come nemico, in questi giorni di fatica e di speranza, di indignazione e di preghiera. Di molte «cose perdute» e di tanti «volti salvati», come mi scrive. È così in diverse parti d’Italia, ma soprattutto a Venezia e nel suo altrettanto splendido e fragile circondario. Per questo lascio spazio al suo partecipe racconto del giorno centrale di una settimana sconvolgente, che è fratello di quelli che ci siamo impegnati a offrire ai nostri lettori, ma che è scritto – per così dire – con un inchiostro speciale. Che lo rende così vivido e così pieno della vita e della fede, delle dure domande e della solidarietà senza fronzoli della gente. Questa sua gente che lei ci consegna con l’istantanea indimenticabile di «volti che sembrano fatti a strati» (paura, energia, speranza, rossore, rabbia, voglia di ricominciare...), questa sua gente radicata a Pellestrina, in un pezzetto di Laguna meno famoso del gioiello che incastona, ma altrettanto prezioso. Qui l’«acqua alta», la stessa acqua che dà da vivere, ha ucciso due volte e io vorrei che tutti noi leggendo di nuovo della violenza delle onde che hanno travolto l’isola famosa per i suoi pescatori e le sue merlettaie capissimo fino in fondo la portata di questa inedita e disastrosa furia degli elementi al tempo dei cambiamenti climatici. Vorrei che ci rendessimo conto con più acuta consapevolezza di quanto la forza vitale e squassante della natura sia grande e di quanto la nostra responsabilità sia pesante nell’usare bene e nel custodire ciò che Dio ci ha dato. Questa è la grande prova del nostro tempo, come il Papa con umile e profetica saggezza ci ricorda con la Laudato si’. Ognuno ha il suo pezzo di responsabilità. E che, davvero, secondo la preghiera sua e del vescovo Adriano, la Madonna ci sia di aiuto. A Pellestrina e ovunque.