La ricerca di pace si giustifica in sé e farla significa fermare la tragedia
martedì 10 maggio 2022

Gentile direttore,
scrivo a lei e, idealmente, a quanti condividono le sue idee sulla guerra accesa dall’invasione russa dell’Ucraina. Lei, qualche giorno fa, rispondendo a un altro lettore, ha precisato la posizione di Giuseppe Dossetti in merito all’Ungheria nel 1956. Non si dichiarò affatto favorevole all’aggressione russa, anche se affermò la sua equidistanza fra i due blocchi. Ecco, siamo ancora lì. Naturalmente fa male, molto male anche a me pensare alle sofferenze dei popoli in guerra. E ho grande stima soggettiva, mi creda, per lei e quanti condividono la sua visione contraria alla guerra. Vi considero molto diversi dalle minoranze dipendenti da ideologia o economia (affari), eppure purtroppo convergenti verso lo stesso obiettivo: l’indebolimento e forse la distruzione della libertà e della democrazie, le sole che permettono tante dimostrazioni per la pace. Noto infine che il Papa non si è pronunciato sulla questione dell’invio di armi all’Ucraina. Lei sì. Ma lei non vuole (o non può) dire apertamente che è favorevole ad accontentare Putin. Lei non vuole (o non può) per ora dire apertamente che il rischio nucleare giustifica la ricerca della pace a ogni costo.

Giuseppe Pachera


Io credo, gentile amico, che la ricerca della pace si giustifica in sé. E dico che il rischio nucleare ha cancellato qualsiasi legittimazione morale della guerra, se mai, continuo a ripetere, ce n’è davvero stata una di giustificazione. So anche, alla scuola di Giovanni XXIII, che la vera pace si regge su quattro gambe: libertà, giustizia, verità e amore. E continuo a constatare che le ultime due, verità e amore, da troppi (e da quasi tutti i potenti, anche quelli dalle parti “giuste”) non sono considerate affatto essenziali, e invece lo sono tanto quanto le prime due, libertà e giustizia. So anche che prima o poi Putin e Zelensky tratteranno, e il loro tavolo sarà piazzato sulla montagna di dolore, di odio e di morti provocati dall’invasione russa del 24 febbraio scorso e dal conflitto lasciato divampare per più di 3mila giorni nel Donbass. Non capisco e non giustifico chi non li ha accompagnati alla trattativa prima del massacro di cui l’aggressore porta la responsabilità immensamente più pesante, ma a cui tutti contribuiscono. Quanto all’accontentare: se sarà pace, si accontenteranno le due parti, Mosca e Kiev. Dunque, pure Putin. Se non si accontenteranno, sarà ancor più tragedia per i popoli coinvolti e per noi tutti.

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