
La passeggiata spaziale di Alexei Leonov - moonstruckpodcast.com
Sessant’anni fa l’essere umano passeggiò per la prima volta nello spazio. La mattina del 18 marzo 1965 Aleksej Leonov, a bordo della Voschod 2, uscì nel vuoto cosmico unicamente protetto dalla tuta spaziale. «Quello che mi colpì di più fu il silenzio. Era un grande silenzio, diverso da qualsiasi altro avessi mai incontrato sulla Terra, così vasto e profondo che iniziai a sentire il mio stesso corpo: il battito del cuore, il pulsare dei vasi sanguigni, persino il fruscìo dei muscoli che si muovevano l’uno sull’altro sembrava udibile. C’erano più stelle nel cielo di quanto mi aspettassi. Il cielo era di un nero profondo, eppure allo stesso tempo brillante di luce solare». Si era in piena guerra fredda e lo spazio era il luogo per dimostrare la superiorità tecnologica e scientifica dei rispettivi sistemi. Dopo il volo di Gagarin nel 1961, la prima passeggiata spaziale rappresentava un altro traguardo fondamentale. Il momento clou avvenne 90 minuti dopo il decollo, alle 8 e 34 minuti, quando Leonov, legato a una corda lunga 5,35 metri, uscì dall’abitacolo facendo entrare il suo nome nei libri di storia.
«Quando mi voltai a guardare la Terra, capii che la mia vita non sarebbe mai più stata la stessa». La durata complessiva dell’attività extraveicolare fu di 12 minuti e 9 secondi. Se l’uscita fu facile, non altrettanto il rientro, complicato dalla tuta che si era gonfiata come un pallone. Leonov dovette sfiatare parte dell’ossigeno per ridurne l’ingombro, rischiando però una embolia. Lo stupore fu più grande della paura: «In quei minuti mi sentii come un gabbiano con le ali dispiegate, che si staglia in alto. Ero pienamente concentrato, con il sangue freddo e, relativamente, non eccitato. Ma la vista fu straordinaria: le stelle non brillavano, era tutto fermo, tranne la Terra». «L’umanità intera aveva compiuto un passo al di là del suo pianeta – disse in seguito –. Ero solo il tramite di un sogno collettivo .
Leonov, pittore dilettante, non mancò di fare un commento artistico: «La Terra era assolutamente rotonda. Credo di non aver mai saputo cosa significasse la parola rotonda finché non ho visto la Terra dallo spazio». Soleva dire che solo quando si è lassù si percepisce la grandezza di ciò che ci circonda. Oggi la corsa allo spazio è ripresa, con nuovi orizzonti e identiche questioni geopolitiche. L’avventura di quei primi tempi è ancora in grado di parlare al nostro cuore? Silenzio, consapevolezza, bellezza, perfezione, meraviglia, contemplazione. Benché siano passati sei decenni e immagini più spettacolari ci abbiano toccato, le semplici parole del racconto di Leonov ci fanno ancora pensare e sognare.
L’aiuola che ci fa tanto feroci, come scrisse Dante, potrebbe sicuramente essere quel diverso giardino evocato in Genesi se solo dedicassimo più tempo alla meraviglia a cui siamo esposti ogni notte. Una meraviglia che educa al Meraviglioso che ce la dona, al meraviglioso che l’altro da noi segretamente nasconde. La passeggiata di Leonov ci invita a nuovamente passeggiare in qualche silenzio, contemplare l’armonia di cui siamo circondati, i punti fissi di luce laddove distrattamente vediamo solo nero. Leonov fu scelto dalla rigida nomenklatura sovietica perché sapeva rischiare, aveva coraggio e perizia, desiderio e fermezza. Pur sacrificabile, scelse di esserlo. Per portare l’umanità un passo oltre il suo confine. Un buon esempio in tempi in cui sentiamo il bisogno di donne e uomini che costruiscano speranza rischiando sé stessi.