Nell’agenda del prossimo mandato istituzionale europeo, dopo le elezioni, c’è anche il progetto dell’euro digitale che tocca uno dei fondamenti dell’Unione: la sua moneta.
È un elemento imprescindibile delle nostre organizzazioni sociali e della stessa civiltà, ed è cambiata molto e diverse volte nel corso della storia. Da un lato per rispondere a esigenze nuove, dall’altro innescando essa stessa profonde innovazioni nelle dinamiche di sviluppo, se non veri e propri cambi di paradigma. Basta pensare alla creazione di moneta privata da parte delle prime banche, durante il Rinascimento e a quanto questo sia stato determinante per l’avvento di capitalismo e industrializzazione. O alla fine del “gold standard” e dell’ancoraggio del dollaro all’oro, ormai una zavorra, la “barbara reliquia” di Keynes, che si è rivelato un passaggio essenziale per lo sviluppo della finanza internazionale come motore della globalizzazione.
Sono stati entrambi casi di cambiamento di alcune caratteristiche della moneta. E la moneta sta per cambiare di nuovo: tra il 2025 e il 2026 dovrebbe arrivare l’euro digitale. La moneta digitale in Europa e ovunque nel mondo esiste da decenni, è vecchia quanto il bit o poco meno. La usiamo tutti i giorni, per tenere il denaro sui conti bancari, come scritture digitali, o per pagare, con bonifico, carta di pagamento, telefono, o anche con l’orologio. La liquidità detenuta nei depositi bancari - e quindi come moneta digitale - è quasi dieci volte quella detenuta in moneta fisica, che potremmo anche chiamare analogica, e cioè le banconote e le monete metalliche. Ma la moneta digitale che conosciamo oggi è moneta privata, creata dalle banche commerciali, mentre l’euro digitale sarà la moneta pubblica, emessa dalla Banca centrale europea.
La moneta digitale emessa dalla Bce diventerà l’attività finanziaria più sicura in circolazione. Non solo: la decisione di emettere una moneta digitale pubblica implica l’ingresso della banca centrale, in concorrenza, in un ambito di servizio oggi presidiato da soggetti privati. È quindi anche una decisione molto politica sul confine tra Stato e mercato, e certamente le posizioni attuali di Stati Uniti e Cina riflettono anche la distanza tra le rispettive culture politiche ed economiche.
In questa delicata valutazione, ci sono diversi rischi e opportunità di cui tenere conto, ben oltre il piano delle politiche monetarie. Consideriamone alcuni. In primo luogo, occorre tenere presente che la moneta della banca centrale è il fondamento del sistema monetario. Le forme di moneta privata in circolazione usano la moneta pubblica come unità di misura, e debbono poter essere convertite in ogni momento in moneta di banca centrale. È questa possibilità che preserva la stabilità del sistema monetario, fondato sulla fiducia, e che non ci sarebbe più in un mondo senza contanti e senza moneta digitale pubblica.
L’emissione dell’euro digitale richiede la costruzione di un’infrastruttura tecnologica che connetta tutti gli utenti, per fare pagamenti. Essa si affiancherà alle infrastrutture private esistenti in un rapporto di complementarità e alternativa, esercitando una pressione competitiva nei confronti dei privati, e incentivandoli a migliorare i servizi e a ridurre i costi per gli utenti. In un mercato europeo dei servizi di pagamento - che resta per un verso ancora frammentato e per altro verso dominato da pochi operatori extraeuropei - una nuova infrastruttura paneuropea avrebbe anche valenza dal punto di vista dell’integrazione e dell’autonomia strategica.
I servizi di pagamento stanno attraversando, già da qualche anno, una fase di forte innovazione. L’infrastruttura che si sta costruendo dovrebbe assecondare questa spinta innovativa e non inibirla. Come detto, la banca centrale entra in una sfera fino a oggi presidiata solo dal mercato. La Bce non intende sostituirlo, ma ambisce semmai a diventare un fattore abilitante: l’infrastruttura alla base dell’euro digitale permetterebbe alle imprese più dinamiche e innovative di offrire a famiglie e aziende servizi connessi al pagamento in un mercato di dimensione continentale. Il potenziale è notevole.
Come ha spiegato il governatore di Bankitalia Fabio Panetta, che ha gestito per l’Eurosistema il progetto dell’euro digitale dal Comitato esecutivo Bce, la nuova moneta non dovrà avere “troppo” successo, spiazzando i servizi offerti dal mercato, ma dovrà avere “abbastanza” successo per essere usata da famiglie e imprese europee giacché crea per loro valore. È un esercizio non semplice: i Paesi che sono più avanti nella sperimentazione di monete pubbliche digitali hanno avuto risultati inferiori alle aspettative, incontrando in genere un gradimento ancora basso. Ma ci sono ottime ragioni per augurare all’Europa un migliore esito.