Gentile direttore,
da cattolico sono d’accordo con le parole del cardinal Angelo Bagnasco, su tutti i punti affrontati nella Prolusione al recente Consiglio permanente Cei. Vorrei ci fosse piena condivisione e volontà di impegnarsi per far sì che quelle proposte siano attuate. A cominciare dai temi della vita e della famiglia. Sono le basi per realizzare il bene comune. Se questi valori, infatti, non riescono a trovare degli interlocutori politici "giusti", nulla sarà realizzato. È per questa ragione che mi interrogo su quale gruppo politico possa effettivamente farsi portavoce della più vasta area sociale italiana, quella cattolica. Abbiamo dato prova di tenuta e speranza, ma solo con la responsabilità credo che potremo davvero voltare pagina. Da giovane abbastanza deluso dai comportamenti e dalla mancanza di chiarezza della politica, provo a non perdere la fiducia su quello che rappresenta il servizio più alto da offrire a una comunità. Riscoprire una sana moralità, orientare l’azione politica verso coloro che vivono sulla propria pelle la crisi, un impegno a favore della difesa della cultura e la reale riscoperta dei valori umani. La Chiesa continua a dimostrare il proprio impegno nella società; ora è arrivato il momento della politica. Voglio chiudere la mia riflessione con una bellissima frase di un grande uomo politico del passato, al quale mi ispiro, Giorgio La Pira; egli affermava: «Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa "brutta"! No: l’impegno politico – cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti, a cominciare dall’economico – è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità».
Marco Criscuolo
Caro direttore, mi spiace ritenere che, su Avvenire del 29 gennaio scorso, non abbia risposto alla "vera" domanda del dottor Vittorio Galandro, il quale non chiede una difesa di La Pira perché non gli contesta la buona fede di cristiano ardente nella sua azione di pace anche verso Allende. Contesta invece che l’effetto La Pira (questo lo si capisce dal contesto della lettera) abbia fatto si che «tanti cattolici, mal interpretando il "socialismo" evangelico si buttano a sinistra», dimenticando il comportamento anticristiano della sinistra sudamericana e dell’Est europeo. È su questa contestazione che Galandro chiede il suo parere. Anch’io lo gradirei e, per di più, esteso al fatto che i cattolici, dal 1955, si siano man mano dispersi, tradendo il centro di Sturzo e di De Gasperi: luogo da dove si può dialogare con meno danni per la propria identità e la propria significanza.
Natale Carniti, Crema (Cr)
L’unico «effetto La Pira» che conosco non è certo alla base della dispersione dei cattolici, caro signor Carniti, ma di una semina di bene. Giorgio La Pira è stato un cattolico e un democratico cristiano che ha cercato di portare in politica, come ricorda il giovane Marco Criscuolo nella lettera che precede la sua, «un impegno di umanità e di santità» pronto a confrontarsi con tutti proprio perché portatore di un’identità limpida e di un umanesimo forte come quello cristiano. Diamo perciò a La Pira ciò che è di La Pira. L’abbandono del centro è frutto di altre scelte e altre strade. L’ansia di ritrovarlo – come grande forza di moderazione della nostra vicenda politica – è un esito comprensibile delle amarezze e indignazioni accumulate in questi anni. Sono d’accordo con lei, caro signor Carniti, su un punto essenziale: i cattolici sentono di nuovo la necessità di un “luogo” nel quale e dal quale dialogare con tutti, ma in libera e seria coerenza con la cultura e i valori a cui non possono e non vogliono rinunciare e con condivisa comprensione dei veri problemi della gente vera di questo Paese. La domanda alla nostra attuale politica è aperta e incalzante, le risposte appaiono vecchie e deludenti o, nella migliore delle ipotesi, altalenanti. E io constato ogni giorno che sono sempre di meno quelli che si fanno incantare da stantii ritornelli e da precarie altalene. Per questo penso, e dico spesso, che nei prossimi anni per guardare davvero al futuro buono della politica tanti italiani, e tra di loro tantissimi cattolici, saranno sempre più spesso costretti a mettere gli occhi fuori dal Parlamento. Sarei contento di essere felicemente smentito dai prossimi deputati, senatori e governanti.