Il milione e mezzo della Gmg. La notizia silenziata di una comunità viva
venerdì 11 agosto 2023

È un dato di fatto che cozza con la realtà: un milione e mezzo di giovani, giunti da tutto il mondo a Lisbona per la 37ª Giornata mondiale della gioventù (65mila dall’Italia), non fa notizia. Il racconto mediatico, riservato all’appuntamento portoghese, è stato piuttosto magro, fatta eccezione per le dirette televisive e per i media d’ispirazione cattolica (Avvenire, Sir, Tv2000 e inBlu2000 compresi).

L’incontro mondiale tornava in Europa dopo la tappa a Panama nel 2019 e le precedenti in Polonia (Cracovia 2016) e in Spagna (Madrid 2011), nel mezzo in Brasile (Rio de Janeiro 2013). Sette anni, dunque, dall’ultima europea e dodici dalla penultima. È un tempo lungo se si considerano le evoluzioni tecnologiche che stanno fortemente interessando la comunicazione e l’informazione. Basta pensare all’esplosione dei social media che vedono i giovani protagonisti nella narrazione della loro storia. Eppure quanti erano presenti a Lisbona hanno dato una grandissima lezione sull’uso dei social: sguardo rivolto alla comunità più che alle community, al proprio compagno di cammino più che allo schermo dello smartphone. È un messaggio forte dopo la bulimia di connessioni del tempo pandemico e mentre diversi Paesi sono come una pentola ribollente di conflitti. «La Gmg – ha sintetizzato papa Francesco nell’udienza generale di mercoledì – ha mostrato a tutti che è possibile un altro mondo: un mondo di fratelli e sorelle, dove le bandiere di tutti i popoli sventolano insieme, una accanto all’altra, senza odio, senza paura, senza chiusure, senza armi».

Eppure, tutto questo non fa notizia! Come non pensare, allora, a un’esclusione dovuta ai criteri selettivi con cui viene letta e interpretata la realtà? Ci sono diversi studi che ne spiegano il funzionamento: dalla codifica selettiva alla formazione dell’agenda dei media e di quella del pubblico, dalla tematizzazione di un fatto all’orientamento dell’opinione pubblica, fino alla cosiddetta “spirale del silenzio”. L’elenco, seppur sommario, permette di comprendere come i temi spesso privilegiati siano gli scandali o quelli che favoriscono polarizzazioni e contrapposizioni, escludendo per scelta ciò che va contro i cliché: la Chiesa è un’istituzione – forse l’unica – che ancora oggi riesce ad attrarre con il suo messaggio un milione e mezzo di giovani di tutto il mondo. « Non era una vacanza – ha spiegato papa Francesco –, un viaggio turistico, e nemmeno un evento spirituale fine a sé stesso; la Giornata della Gioventù è un incontro con Cristo vivo attraverso la Chiesa. I giovani vanno a incontrare Cristo». E questo è un fatto; forse difficile da raccontare, ma certamente non da ignorare.

I verbi utilizzati nel ragionamento – fare ed essere – permettono di cogliere una sottigliezza che non è solo semantica: normalmente si dice che un evento “fa” notizia, non che “è” una notizia. Dietro questo “fare” si può ritrovare proprio l’attività di chi trasforma un avvenimento in qualcosa che diventa degno di essere raccontato, applicando criteri di notiziabilità e strategie proprie di ogni medium, con tutta l’arbitrarietà e le possibili distorsioni del caso. Se “fare” notizia equivale a “fare” spettacolo diventa facile non solo dare risalto ad alcune informazioni ma anche sottacerne altre. La mancanza di “resa spettacolare” è sempre un pretesto che condiziona le scelte mediatiche. La larga partecipazione dei giovani alla Gmg di Lisbona, ritmata da vivacità e testimonianza evangelica, è una notizia in quanto tale che deve aiutare il mondo ecclesiale a uscire dalla paura dell’isolamento e a rompere il processo di adattamento all’opinione generale. La Chiesa non è una potenziale outsider ma una comunità viva.

Direttore Ufficio Cei per le Comunicazioni sociali

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