Il problema dei popoli e del mondo non è la pace ma la guerra a tutti i costi
sabato 25 febbraio 2023

Ecco una selezione delle tante lettere sulla guerra e sulla pace arrivate in redazione a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, mentre l’escalation bellica continua e stentano ad aprirsi spiragli di dialogo. Sono messaggi di consenso e anche di aspro dissenso, prova del tempo tragico che viviamo. Ma anche messaggi di speranza, dialogo e pacifica assunzione di responsabilità. Grazie

Gentile direttore,
ho partecipato con mio figlio quattordicenne alla marcia Perugia-Assisi dell’altra notte. Abbiamo ascoltato le parole pronunciate, abbiamo scambiato sguardi e sorrisi con chi era con noi, abbiamo portato torce e bandiere, abbiamo soprattutto camminato e fatto silenzio. Tra gli interventi del momento iniziale di proposta e riflessione, uno in particolare ci ha colpito, il suo. Mio figlio, immediato come un adolescente sa essere, ha colto nelle sue parole l’assenza di slogan, di frasi fatte, e me l’ha subito detto. Quell’«Io credo che ce la possiamo fare» da lei pronunciato, gli è suonato vero. Come io ho trovato bene espresso il mio sentimento in quel «Resistiamo così… Non accetto l’idea di consegnare ai nostri figli e nipoti un mondo peggiore di quello in cui abbiamo vissuto noi». E mi sono sentito incoraggiato nel mio essere padre e insegnante in quel «Resistiamo così». La ringrazio per la sua ferma e composta testimonianza e per il lavoro di “Avvenire”.
Emanuele Stievano

Gentile direttore,
grazie. Ho letto tutto d’un fiato le sue parole del 24 febbraio 2023 (https://tinyurl.com/3aa9c237) sono finalmente sentita a casa, senza timore di essere fraintesa, di percepire me stessa come sbagliata perché desiderosa che la politica prevalga sulla guerra. Senza esitazione alcuna ho sempre pensato che, come lei scrive, «chi aggredisce ha sempre torto, terribilmente torto più di tutti», ma sin dall’inizio mi sono chiesta per quale motivo la comunità internazionale, che vive al sicuro, per il momento, entro i propri confini, poco abbia fatto per favorire anche soluzioni diverse da quelle delle armi, vecchie, nuove, nuovissime, fornite all’aggredito. Costernata, ascolto le interviste che i corrispondenti di guerra fanno a quella povera gente, siano esse anziane signore con il fazzoletto colorato annodato sotto il viso segnato dalle privazioni e dal dolore, o massicci soldati, tutti comprensibilmente convinti che la guerra rappresenti l’unica possibilità di sopravvivenza loro e del loro amatissimo Paese.
In questi mesi, ascoltando le parole di altre donne, importanti rappresentanti della politica nazionale e internazionale, schierate, senza esitazione alcuna, con la guerra necessaria, mi sono sentita, proprio in quanto donna, smarrita, impotente e mi sono posta una domanda: perché altrettanta determinazione e fermezza non viene da loro spesa anche per chiedere con forza una soluzione che metta la politica al primo posto? Hanno forse interiorizzato un modello per secoli patrimonio maschile, perdendo così l’occasione di marcare la differenza, questa volta una benedetta differenza, guardando alla politica oltre che alle armi, che, ancora una volta cito le sue parole, «non salvano, ma ammazzano e distruggono»?
Daniela Andriolo

Caro direttore,
sono un vostro lettore genovese, di anni 91. Condivido in pieno le parole inerenti alla pace che scrive e che ho sentito da lei anche in varie trasmissioni televisive. Le raccomando pertanto di continuare così per il bene dell’umanità. Grazie infinite per l’informazione di “Avvenire”.
Gianni Mantero

Direttore,
lei, anzi tu, sei un uomo vile, e anzi sei proprio un uomo di m… e sei un grullo toscano. Ha ragione chi invita a farti qualche domanda sulla tua stessa indole. D’altra parte, che tu sia un emerito ignorante è dimostrato dal fatto che vorresti zittire chi non la pensa come te con le tue risposte e persino con minacce ridicole e, soprattutto, dal fatto che tu non metta a disposizione di noi del pubblico una tua email personale e diretta (cosa che invece faccio io). Sei un coniglio, oltre che un men che mediocre giornalista che non si sa come è arrivato a dirigere un giornale e un giornale “cattolico”. Ma, con cattolici cinici e delinquenti come te, quale avvenire potrà mai darsi? Rispondimi, se hai coraggio, brutto cretino, oppure denunciami... Sei un servo scemo e bastardo di criminali come Putin. Mi firmo:
avvocato Trombetta

Gentile direttore,
sto leggendo il suo articolo di fondo: «Politica smetti di suicidarti» di oggi 24 febbraio. Mi scendono le lacrime, tanto vi scorgo coraggiosa verità e accorato appello alla ragione e alla pace. Con tanta stima e riconoscenza per il lavoro di “Avvenire”.
Margherita Bettineschi

Gentile direttore,
le manifestazioni per la Pace, che si susseguono ovunque, sono certamente utili per mantenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica, ma purtroppo non hanno effetto alcuno sull’organismo che è stato creato proprio per il mantenimento della pace, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, bloccato dai veti. La storia ci presenta almeno un esempio di forte azione popolare per costringere a una decisione un’assemblea riottosa, quella del Concilio di Viterbo del 1271. Imitare questa forte azione, anche se in forma più pacata e moderna (come potrebbe essere un sit-in internazionale permanente attorno al Palazzo di Vetro dell’Onu fino a ottenere una decisione di pace da imporre ai contendenti) parrebbe oggi possibile, visto che esistono Organizzazioni pacifiste presenti in tutto il mondo, capaci di mobilitare notevoli risorse umane. Io lo spero.
Franco Ferrario

Direttore,
la sua tesi, in sostanza, è che bisogna cercare la pace a tutti i costi. Ed è una pazzia. Se la Russia dovesse inglobare l’Ucraina come ha già fatto con la Cecenia e parte dell’Ucraina sarebbe poi la volta della Moldavia e di tutti gli ex territori della vecchia Unione Sovietica. Se basta la minaccia della bomba atomica per fare arretrare i popoli, allora mettiamoci tutti sotto la protezione di Putin. Quando scrive e parla in tv o alla radio, dopo rilegga e riveda i suoi interventi: non ho mai visto e ascoltato argomenti più violenti dei suoi. Rifletta.
Mario Sichel Turco

Gentile direttore,
sto leggendo l’editoriale di oggi, 24 febbraio, non l’ho nemmeno finito, ma sono entusiasta. Purtroppo, non sento risuonate molte altre voci contrarie al potenziamento degli armamenti, all’invio degli stessi, alla guerra di cui Putin è primo responsabile, ma per la quale noi non siamo innocenti. Non capisco… negli ambienti che frequento da anni, trovo persone e che sono state sempre sensibili alla pace e che oggi invece approvano del tutto il ruolo dell’Occidente in questo conflitto. Sono molto triste, sfiduciata… Non riesco più a seguire i tg o i pochi stralci di trasmissioni tv che prima riuscivo a vedere. Troppa propaganda. Sono dolorosamente delusa dal Paese in cui vivo, dai giornalisti e dagli intellettuali prima ancora che dai politici, che purtroppo – ormai si sa – vanno dove tira il vento del potere… ho studiato scienze politiche perché credo nei valori della Costituzione, in una politica onesta e a favore delle persone e credo che sia fondamentale il ruolo di divulgazione degli avvenimenti e di approfondimento degli stessi a favore della giustizia e della libertà, e ora sono arrivata a dire queste cose… È importate tornare tutti insieme nelle piazze e per le strade, per farci sentire a gran voce, abbiamo bisogno di sapere che viviamo in una democrazia plurale, partecipativa, davvero liberale… sempre se è ancora vero… oltre che dimostrare che la pace è l’unica via percorribile per la sopravvivenza dell’uomo, ieri, oggi e sempre, senza se e senza ma. L’unica cosa positiva per me, in questo periodo, è che grazie a papa Francesco e ad “Avvenire”, la mia identità cattolica si è rafforzata. Grazie del coraggio che la Chiesa e voi tutti state dimostrando! Ora finisco di leggere l’articolo… mi scusi la foga, ma sono contenta…
Chiara Stabile

Caro direttore,
ho letto il suo editoriale del 24 febbraio sulla guerra come suicidio della politica. È un grido di angoscia pienamente condivisibile. Sorge però una domanda: cosa dovrebbe fare l’Europa per arrivare alla pace? Convincere l’Ucraina a lasciare le terre a Putin? Accettare il suo piano di pace? Smettere con le sanzioni e far finta di niente, come è successo per l’invasione della Crimea? Offrire compensazioni a Putin perché si fermi? La storia del secolo precedente ci ricorda purtroppo che i dittatori sanguinari assetati di potere si fermano solo davanti a forze superiori . Forse, è una speranza, si potrebbero convincere le parti in guerra ad accettare un referendum onesto e trasparente nelle terre che dal 2014 sono oggetto di contesa. Quello indetto da Putin è stato una semplice e tragica farsa. Ricordo però che noi italiani abbiamo ottenuto Trento e Trieste al termine della guerra del 1915/1918 da noi vinta. Nessuno avrebbe altrimenti convinto l’Austria a riconoscere i nuovi confini e al termine della seconda abbiamo perso l’Istria, Fiume e la Dalmazia. Rimane solo la speranza che uomini di pace come papa Francesco riescano a convincere le parti in causa, Putin per primo visto che è l’aggressore, a sedersi al tavolo delle trattative per una onesta e autentica soluzione di pace. Il resto, mi dispiace essere pessimista, è utopia. La saluto con la stima di sempre.
Carlo Maria Pagliari

Gentile direttore,
voglio esprimerle la mia stima e il mio plauso. Ho avuto modo di apprezzare la sensatezza e l’equilibrio delle sue parole anche in alcuni interventi tv in merito alla guerra in Ucraina mentre si compie un anno dall’invasione russa. Spesso lei si ritrova in contrapposizione a politici-giornalisti-opinionisti che sembrano usciti dalla curva degli ultras di uno stadio. Mi stupiscono la mancanza di capacità di riflessione da parte di persone che in teoria dovrebbero essere allenate al ragionamento. Trecentomila morti vengono archiviati in un amen giustificati da furore ideologico, da una lettura del mondo in bianco e nero: buoni (noi) e cattivi (gli altri). Spero nelle potenzialità di semina delle parole sue e di persone come lei, direttore.
Massimiliano Pino

Direttore,
avevo preparato una lunga lettera per spiegarle i motivi per cui, dopo 30 anni, non sarò più un lettore di “Avvenire”. Poi ho deciso che non ne vale la pena. Le gocce che hanno fatto traboccare il vaso sono stati alcuni titoli in prima pagina e, soprattutto, il suo articolo di fondo del 24 febbraio 2023 («Politica smetti di suicidarti») e ciò che ha detto sulla guerra e sulla pace a Tagadà su La7 nello stesso giorno. Non sono d’accordo.
Giulio Cantù

Gentile direttore,
condividiamo le medesime preoccupazioni. Da un anno assistiamo impotenti alla catastrofe ucraina. L’autocrate Putin continua imperterrito a bombardare. Zelensky invoca nuove armi che puntualmente arrivano. Intanto continuano le distruzioni e il martirio del popolo ucraino, si rischia l’ulteriore escalation del conflitto, si allontanano i presupposti per la tregua. La voce di papa Francesco e dei pacifisti resta ancora del tutto inascoltata. Putin e Zelensky puntano entrambi alla vittoria e non ricercano minimamente la via del negoziato, del necessario compromesso. Neppure la Nato e la Ue hanno lavorato per la pace. Quale iniziativa diplomatica concreta hanno preso? Non siamo di fronte anche a leader occidentali mediocri e di corta vista? Mai, dal secondo Dopoguerra novecentesco a oggi, l’Europa ha vissuto una situazione così preoccupante.
Domenico Mattia Testa

Signor direttore,
sono cristiano praticante, non di destra e anzi apolitico, ma dopo aver seguito una trasmissione televisiva su La7 dedicata alla guerra in Ucraina e ascoltato le sue argomentazioni per la pace mi è sorto un dubbio. E le domando: ma per essere credenti e accettati dalla Chiesa bisogna essere pacifisti e di sinistra?
Franco Leoncini

Caro direttore,
grazie per il fondo di oggi (24 febbraio 2023) e per la risposta alla prima lettera (QUI). Auguro ogni bene dal buon Dio.
don Agostino Valentini


Ringrazio tutti coloro che esprimono adesione e hanno parole di emozione e benedizione su ciò che scriviamo e scrivo (e che cerco di dire, per come so e per quanto posso, quando mi invitano a partecipare a programmi tv o radiofonici). E ringrazio chi continua a seminare ideali e a praticare la pace (che non è mai resa e rinuncia alla parola, ma impegno disarmato eppure forte). Dico grazie anche a chi non è d’accordo, per il dialogo che giustamente cerca. Ma non dico grazie a chi insulta (e si firma a metà, anche se la sua mail è bella in chiaro). Sono un grullo umbro, comunque, non toscano. Originario di Assisi, dove ho imparato sin da bimbo a salutare con il “pace e bene” e a tentare di viverlo con almeno minima coerenza (ancora non smetto di provarci). A chi non leggerà più “Avvenire” perché ha deciso di leggere altro sulla guerra, sulla politica e su quella che io definisco la non-politica della guerra dico che mi dispiace molto. Nell’Italia di oggi avrà solo l’imbarazzo della scelta vista la vasta compagnia mediatica schierata a spiegare le inesorabili ragioni della nuova “guerra dei mondi” e nella quale militano alcuni brillanti colleghi sempre pronti a “mettere a posto” i disallineati con liberalissime intemerate e liste (extralarge o su misura) di distorsione, derisione e proscrizione.
A chi accusa anche me di volere una «pace a tutti costi», dico che – ahinoi, e poveri ucraini, siriani, yemeniti, congolesi, sudsudanesi, afghani e soprattutto afghane… – non è la pace a tutti i costi bensì la guerra a tutti i costi che viene voluta, ed è fatta e motivata, a est come a ovest. Ma secondo una polemica sempre più in voga, l’orrore della guerra, e la vittoria dei buoni che non arriva ancora, è colpa di pacifisti e pacificatori, mica di chi– anche con le migliori intenzioni di questo storto mondo – svuota arsenali e suscita apocalissi sulla vita delle vittime e degli eroi di turno… Infine, a chi chiede se per essere cristiani bisogna essere pacifisti e di sinistra, dico che la pace non è di destra né di sinistra e neanche di centro, ma può e deve essere il lavoro quotidiano di tutti. Lavoro educativo, sociale, politico e spirituale. Lavoro, ovviamente, soprattutto per chi nutre una visione fraterna e solidale dell’umanità e della società globale da fare insieme. E dico anche che per essere cristiani bisogna semplicemente provare a seguire la Parola che è Cristo e sentire il peso – attuale – della Sua croce, senza più osare metterla, quella croce, sulle bandiere di coloro che spediamo in battaglia ad ammazzare e a essere ammazzati, violando in modo organizzato e sistematico il “Tu non uccidere”.

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