Un ragazzo in biciletta per le strade di Idlib - Ansa
«Avvertiamo l’urgenza di manifestare la nostra gratitudine a papa Francesco e dimostrare al mondo che il suo appello per questa umanità abbandonata e tradita non è caduto nel vuoto. Questi nostri fratelli e sorelle di Idlib non possono essere dimenticati. Perciò oggi, domenica 8 marzo, un gruppo di noi alle 12, nel pieno rispetto di ogni misura di sicurezza, sarà in piazza San Pietro alla recita dell’Angelus». Si conclude così l’appello – lanciato da Associazione Giornalisti amici di padre Dall’Oglio, Amnesty International Italia, Caritas Italiana, Centro Astalli, Comunità di Sant’Egidio, Coordinamento dei Siriani Liberi di Milano, Focsiv, Siria Libera e Democratica, Ucoii, Magis-Movimento e azione dei Gesuiti italiani per lo sviluppo, Ucsi, Articolo 21, Associazione culturale islamica in Italia, Comunità siriana in Umbria, Fesmi-Federazione della stampa missionaria italiana, Fondazione Migrantes, Associazione Educatori senza frontiere, Associazione Francesco Realmonte, Coe, Comitato Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’Amore, Cvx, Engim-Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo, Fondazione Exodus, Masci Italia, Movimento Shalom, Pax Christi e da illustri personalità – pubblicato il 5 marzo su "Avvenire" con l’invito, firmato e rilanciato dal direttore Marco Tarquinio, per chi non potrà esserci, a esporre una luce o a seguire la preghiera in tv. Qui l’elenco completo anche delle firme individuali.
Caro direttore,
non possiamo dire che stiamo assistendo alla tragedia del popolo siriano. Semplicemente perché non se ne trova quasi traccia nei nostri media e la nostra politica, anche quella parte che non è legittimamente impegnata a gestire l’epidemia di coronavirus, ha deciso di non occuparsene. E dobbiamo constatare, purtroppo, che non è una cecità solo italiana. Nel resto d’Europa filtra su quotidiani e siti d’informazione qualche notizia in più, qualche corrispondenza dai luoghi in cui si consuma l’annientamento umano e sociale del popolo siriano, qualche reportage dai campi profughi. Ma l’effetto presso i governanti dei nostri vicini è solo ribadire la chiusura dei confini "europei", spalleggiando l’uso della forza da parte dei militari greci che respingono i pochi che riescono a imbarcarsi con l’illusione di salvarsi dalla brutalità congiunta di Erdogan e di Assad sorretto dai russi. Ci aspettiamo un nuovo via libera a Erdogan, che ha dimostrato di saper ben usare la pressione dei disperati per fermare qualsiasi intervento, sia pure solo diplomatico, su un pezzo di Medioriente che considera già suo. Da noi il silenzio. O, peggio, poche scarne notizie relegate nelle pagine interne o in ultima fila sui siti più consultati: le tragedie lontane non pagano.
Per questo silenzio colpevole, oggi saremo comunque a piazza San Pietro. Da laiche e laici, quali siamo ad Articolo 21, vogliamo ringraziare papa Francesco: la sua voce è l’unico richiamo a resuscitare in noi l’umanità, a guardare negli occhi le donne, gli uomini, i bambini di Idlib e di tutta la Siria come guardiamo negli occhi i nostri familiari più cari. Chiedere giustizia e protezione per loro significa chiedere giustizia, solidarietà e protezione per noi stessi; l’avanzare del contagio da coronavirus deve accrescere la nostra capacità di provare "compassione" nel senso più alto per le sorelle e i fratelli siriani; sarebbe un suicidio sociale, culturale e persino economico chiuderci in casa e pensare che il mondo fuori dalla finestra non ci riguardi: quello che accade all’altro da noi accade a noi.
Ma insieme a Francesco vogliamo anche ringraziare le colleghe e i colleghi di "Avvenire", una delle pochissime testate italiane che tengono accesa una luce, un grande riflettore direi, sulla tragedia siriana e su tutti gli angoli oscurati del pianeta. Una redazione che contribuisce a riscattare il giornalismo italiano dalle sue amnesie. Chi vorrebbe essere all’appuntamento a piazza San Pietro ma non potrà, usi tv, radio o web e accenda una luce, noi ci saremo.
Portavoce nazionale di Articolo 21