Caro direttore,
ricordo un Natale degli anni 90 del secolo scorso. Il nostro parroco, don Ruggero Rinieri, che aveva molte parrocchie, aveva trovato un sostituto per quella di Faltognano di Vinci. Si trattava di un sacerdote indonesiano, studente a Roma. Un giorno lo accompagnai alla stazione di Empoli. In auto gli chiesi se prima di arrivare a Roma conoscesse qualcosa dell'Italia e lui mi rispose che conosceva i film di Gina Lollobrigida, di Sophia Loren e le auto Ferrari. Io sorrisi perché Gina Lollobrigida negli anni 90 era da decenni quasi assente dagli schermi, ma c'è nei grandi artisti come lei qualcosa che viene colto anche da persone lontanissime. Caro direttore, perché ora non sappiamo più esportare la nostra arte, più popolare? Il sacerdote indonesiano mi disse poi di come avesse apprezzato la luce quando era atterrato a Roma verso le 20:30; gli era sembrato un regalo di Dio. Mi spiegò che dove viveva lui in Indonesia, l'alba era sempre alle 6 e il tramonto alle 18.
Marco Sostegni Vinci (Fi)
Ci sono film italiani che si fanno guardare e amare nel mondo, film che riempiono gli occhi e scaldano il cuore, film che scuotono e persino urtano, film che fanno pensare e aiutano a capire la vita con i sogni, il coraggio e la fatica che possono farla più bella. Quando dico questo penso subito a tre registi diversissimi tra loro: Giuseppe Tornatore, Paolo Sorrentino e Gianfranco Rosi. E ci sono attori e attrici di straordinaria bravura. Non faccio nomi, ma alcune e alcuni di loro fanno ormai più teatro che cinema e questo dice qualcosa del perché il nostro cinema conquisti il mondo meno di un tempo. Il tempo di Gina Lollobrigida, artista senza confini – come lei testimonia con il suo delicato aneddoto. E – aggiungo io – una figlia del popolo di straordinaria e prorompente personalità e bellezza, capace di usarle senza mai la minima volgarità. Mi ha colpito, e un po’ commosso, il suo accostare in poche righe Gina Lollobrigida alla luce mediterranea, accogliente e parlante della nostra Italia. La luce è stata l’altra vocazione della grande attrice, che da fotografa “scriveva” con essa. Un dono “normale”, la luce, e impareggiabile. Grazie.