Frequentare l'"Avvenire" fa bene a tutti pure se ha torto. Ma noi non l'abbiamo
domenica 6 settembre 2020

Caro direttore,
mi fa molto piacere che anche Matteo Salvini frequenti l’“Avvenire”. Leggendo la lettera che le ha inviato e che è stata pubblicata domenica 30 agosto mi sono detto: che straordinario questo Salvini, riesce ad avere torto anche quando ha ragione. Non ci sono giustificazioni per i silenzi che la sinistra ha mantenuto per decenni sulla questione “foibe”. Do atto a Violante e anche a Napolitano – militavo allora nel Pci – che ebbero il coraggio di rompere quel tabù. Che vigeva non per giustificare i crimini commessi dai titini, ma per la solita ragion di Stato: i titini ci avevano aiutato a sconfiggere il fascismo. Autorevoli esponenti della Resistenza friulana fecero di tutto per regalare al “compagno” Tito la città di Trieste per gli aiuti che ci stava dando. Su quelle tremende pagine di storia macchiate di sangue da tutte le parti, consiglio a Salvini un libretto straordinario di Adriano Sofri, “Il martire fascista”, edito da Sellerio. A Salvini voglio dire, per tramite del suo ospitale e coraggioso giornale, caro direttore, che da tempo non faccio mistero con i miei amici di sinistra che sulla questione migranti hanno torto. Come ha torto anche il suo giornale, caro Tarquinio. E lo dico con il grande rispetto che ho per lei, il suo giornale e il mondo cattolico da cui provengo e a cui guardo sempre, da laico, con estremo interesse. Lei domenica, dando conto di una sentenza passata in giudicato a favore di profughi eritrei respinti nel 2009, ha titolato in prima pagina «Reato respingere». E come non essere d’accordo? Ma c’è un reato più grande che è quello di chiudere gli occhi sul saccheggio che l’Occidente ha fatto e continua a fare dell’Africa. Questa è la colpa primordiale. Poi dobbiamo ascoltare le parole che proprio dalla Chiesa vengono sulla denatalità dell’Occidente, sulla perdita di speranza per il futuro del pianeta. Noi oggi abbiamo bisogno del-l’Africa, di milioni di braccia che ci aiutino a mandare avanti la nostra vecchia e sfiduciata Europa. Ma anche qui siamo ciechi e disattenti. Non sono i barchini e i barconi che debbono soccorrere e alimentare la disperazione, a prezzo di perdite umane insopportabili. Mandiamo grandi navi per i positivi al virus al largo delle nostre coste? Queste grandi navi scortate dall’autorità dell’Europa debbono offrire il passaggio sicuro a tutti quei giovani che per mille ragioni scappano dalla loro terra. Spesso per guerre che noi furbescamente alimentiamo sottobanco. Troppe mafie magrebine e nostrane hanno capito quale sia il business d’oro di questi tempi. A Salvini diciamo con serenità: impari dalla sinistra e dai cattolici a usare le parole giuste per una questione così drammatica e delicata. Alla sinistra, nella cui cultura tanta parte della mia vita ho passato, dico: fai attenzione. Qualche volta, anche dalla opposta e più lontana trincea, può venire una idea sensata. Nelle trincee opposte della prima guerra mondiale, quando tacevano i cannoni, ci si scambiava sigarette e fiammiferi. Con il rispetto di sempre

Alessandro Tessari

Grazie sempre, caro professor Tessari, della sua libera e acuta attenzione e della sua stima per il nostro lavoro. Mi concentro su ciò che riguarda direttamente “Avvenire” e la linea di cui sono responsabile su profughi e migranti, che non ha fatto sconti – diciamo così – a governi di diverso orientamento e di vario colore, che considera tutti i fatti, e perciò fa seriamente conti con la realtà e controbatte punto per punto propagande mistificanti e persino odiose contro persone in realtà colpevoli soltanto di essere poveri. So bene che l’alternativa non è sempre secca (così come so di non essere infallibile e proprio per questo cerco, almeno, di essere onesto). Ma stavolta – visto che non mi sento all’altezza delle capacità di certi leader politici che riescono ad avere, al tempo stesso, ragione e torto – delle due l’una: o abbiamo torto o, almeno lei e io, siamo d’accordo (e dunque abbiamo ragione insieme). Abbiamo forse torto a chiedere da anni che i flussi migratori siano civilmente regolati e che le strade dei profughi di guerra e di ogni altro richiedente asilo non s’inabissino nel mare ma si snodino alla luce del sole? Abbiamo torto a documentare le stragi di vita e di verità (credo che questa espressione le ricordi qualcosa) compiute da chi ha respinto uomini, donne e bambini che secondo legge italiana e internazionale e umanità avrebbero dovuto essere soccorsi e accolti? Credo che siamo d’accordo, e non per modo di dire o di scrivere. Così come siamo d’accordo sulla «colpa primordiale » (i saccheggi coloniali e neocoloniali, ma non solo dell’Occidente, ai danni del Sud del mondo). E anche sul fatto che le frontiere di un Paese non possono essere ridotte a porte girevoli e che alle precauzioni sanitarie, antimafia e antiterrorismo va dato seguito. Mai questo può, però, significare e giustificare l’abbandono colpevole e sistematico – esso sì “ideologico” – di chi è senza difesa e nella sofferenza. Detto questo, detto cioè che questo giornale ha ragione (e ragioni scritte nero su bianco per rivendicarlo), incornicio la sua conclusione che coincide con la mia speranza e con il metodo di ascolto e dialogo che cerco di darmi da una vita confortato da grandi esempi, primo fra tutti – oggi – quello di papa Francesco: «Anche dall’opposta e più lontana trincea può venire una idea sensata». È proprio vero. Ma, proprio come l’occhio, anche l’orecchio vuole la sua parte: impariamo a dirci con decenza le nostre idee, con il rispetto che non fa torto alla forza e alla chiarezza. Si può. E lei, caro professore, me lo rammenta ogni volta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Un filosofo con la passione per l’«altro» e per la politica torna a ragionare sulla lettera che mi ha scritto Matteo Salvini e alla quale ho risposto domenica scorsa. E come di consueto spiazza e incalza, soprattutto su profughi e migranti. Replico anche a lui con gratitudine e serena convinzione

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