giovedì 9 maggio 2013
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La grande crisi economica dalla quale fati­chiamo a uscire non ha neppure lambito il mercato, enorme e profittevole, della fecon­dazione assistita, nel quale tutto si compra, tutto si vende e ogni cosa ha il suo prezzo, dai corpi delle donne ai figli. È un fenomeno glo­bale, una realtà purtroppo consolidata della quale non si ha ancora – o non si vuole avere – la consapevolezza che meriterebbe. Cresce tut­tavia il numero di chi denuncia questa ridu­zione di esseri umani a 'mercanzia', amman­tata da giustificazioni scientiste o dal verbo in­dividualista dei «diritti insaziabili», che per sa­ziare alcuni, finiscono per togliere tanto a tan­ti altri. Finora anche i più convinti sostenitori di pro­cedure come la fecondazione eterologa e la re­lativa compravendita di gameti, o la maternità surrogata, hanno mostrato un certo imbaraz­zo a parlare apertamente di 'commercializza­zione' a riguardo, preferendo piuttosto e­spressioni come «donazione altruistica» o «at­ti solidali», magari con relativi «rimborsi spe­se ». Ma le bugie, si sa, hanno le gambe corte. Non durano: è sempre più difficile continuare a negare che quello dei figli in provetta sia in­nanzitutto un mercato lucroso. E quindi si co­mincia ad ammetterlo, con tutte le giustifica­zioni del caso. È il caso, per esempio, di una ri­vista prestigiosa come il New England Journal of Medicine, in cui recentemente in un artico­lo si sono discussi i pro e i contro della vendi­ta di embrioni «fabbricati su ordinazione». «La proliferazione di fonti commerciali di ga­meti (cioè banche di ovociti e spermatozoi) ha aperto la porta a un’industria di embrioni fab­bricati su ordinazione nei quali gli embrioni sono generati avendo in mente una transazio­ne commerciale. Questa prospettiva di una banca profit di embrioni non è più teorica», scrivono gli autori, che, citando notizie rac­colte dal Los Angeles Times, spiegano l’attività in questo senso di alcune cliniche, con un lin­guaggio squisitamente commerciale. Sono proprio le cliniche, non i «clienti» a controlla­re gli embrioni, tagliando sui costi: «Da un do­natore di ovociti e da uno di sperma si crea un singolo lotto di embrioni, che poi si divide fra diversi pazienti». In questo modo «si fanno bambini per tre o quattro pazienti mentre si pa­gano i donatori e il laboratorio solo una volta». Segue un dotto discettare sui vantaggi e i peri­coli della donazione piuttosto che della vendita degli embrioni, e si riflette, per esempio, sul fatto che «scegliere se particolari bambini saranno o meno prodotti, è più simile alla vendita di gameti che a quella di bambini» (considerata da­gli autori, bontà loro, chiaramente il­lecita). In conclusione si osserva la mancanza di una legislazione dedi­cata, e si invita a provvedere qualora la vendita di embrioni fatti su ordina­zione diventi una realtà praticabile. Molto si potrebbe dire sui toni appa­rentemente asettici con cui gli autori trattano l’argomento: è il metodo in­fingardo con cui certa accademia na­sconde pesanti giudizi di valore dietro presentazioni falsamente neutrali ed equilibrate, ponendo sullo stesso piano e dan­do quindi la stessa legittimazione a orienta­menti assai diversi. Quando si paragonano la possibilità di adozione, donazione e vendita di embrioni, come se tutte le opzioni fossero u­guali, si dà un giudizio di valore ben preciso: gli embrioni possono essere ugualmente con­siderati persone o merce, ed entrambe le po­sizioni, a giudizio di lorsignori, sono ragione­voli ed accettabili. Ma l’articolo in questione ri­vela anche altro, e cioè quanto oramai sia dif­fuso e tollerato il mercato della fabbricazione dell’umano, quanto sia entrato a far parte del nostro orizzonte quotidiano. Un monito, spe­cie per chi vorrebbe ostinatamente abbattere gli argini posti a tutto questo dalla nostra leg­ge 40 sulla procreazione assistita: chi si ostina a voler togliere alcune garanzie, spacciandole per «limiti crudeli e antiscientifici», ammetta con onestà e chiarezza che la fiera della fe­condazione assistita non lo disturba. L’iniziativa 'Uno di noi', con la quale in tante parrocchie e piazze italiane domenica prossi­ma saremo invitati a chiedere all’Europa con la nostra firma la protezione giuridica dal con­cepimento di ogni essere umano, vuole esse­re un contributo anche in questo senso, con­tro la riduzione a merce della donna e dell’uo­mo, sempre e comunque.
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