Si è conclusa l’altra notte la lunga maratona che a Parigi ormai da mesi riunisce le delegazioni degli stati che aderiscono all’Unesco per la revisione delle Raccomandazioni sull’educazione alla pace, firmata nel lontano 1974. Un fatto straordinario che oltre 120 delegazioni, compresa Russia, Ucraina e Cina, siano riuscite ad accordarsi su un documento comune.
L’Unesco è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, a cui aderiscono 193 stati, ed ha come obiettivi la pace e lo sviluppo. Le Raccomandazioni approvate nel 1974 erano certamente un documento molto avanzato in quel tempo, in cui il mondo era diviso in due blocchi contrapposti: l’educazione veniva riconosciuta come parte dei diritti fondamentali dell’uomo e come strumento cruciale per perseguire obiettivi di dialogo fra Paesi, quindi come parte integrante di una strategia da perseguire per giungere ad una pace, che fosse essa stessa base per un nuovo sviluppo.
Dopo quasi cinquant’anni questo stesso obbligo di convergenza internazionale su un testo a sostegno dei diritti umani, della pace e di uno sviluppo effettivamente sostenibile si è dimostrato complesso proprio per la mancanza di coesione fra i Paesi che costituiscono l’assemblea dell’Organizzazione, avviando un estenuante esercizio di contrattazione multilaterale su ogni singolo paragrafo.
Infine i Paesi europei e quanti si ritengono sulla stessa linea di tutela dei diritti hanno riformulato i paragrafi più contestati proponendo un testo che migliora il documento del 1974, facendo riferimento alla necessità di garantire eguale accesso all’educazione a tutti, comprese le minoranze e gli immigrati. Viene inoltre posta la dovuta attenzione ai nuovi strumenti digitali, che richiedono un uso responsabile e disponibile per tutti, per evitare il rischio di creare nuove divisioni sociali e generazionali.
Infine, è stato dato spazio all’educazione degli adulti, come necessario mezzo per evitare che l’uso di nuove tecnologie nell’economia generino nuove esclusioni e fratture sociali. Questi temi in verità sottendono un approccio pienamente democratico alla crescita, ponendo l’uguaglianza alla base del processo di sviluppo e pongono il diritto di tutti, senza distinzione alcuna, ad una educazione di qualità come base per una partecipazione piena alla vita democratica del proprio Paese, come chiaramente espresso nel Quarto Obiettivo per uno sviluppo sostenibile approvato dalla assemblea generale dell’Onu nel 2015.
Qui tuttavia emergono i contrasti: sono ancora troppi i Paesi aderenti alle organizzazioni delle Nazioni Unite che non hanno basi democratiche, o che sono impegnati in conflitti interni fra popolazioni in realtà diverse per storia, cultura e lingua, ma poste all’interno di stessi confini nazionali da un colonialismo mai del tutto passato.
Questo documento sull’Educazione alla pace diviene quindi una sorta di cartina di tornasole sulle effettive condizioni delle relazioni internazionali e sullo stato delle libertà e delle autonomie in questo mondo globalizzato, ma che ha ancora tanto bisogno di comprensione e di pace fra tutti i suoi abitanti. Aldilà della sua approvazione formale, un risultato comunque straordinario, queste raccomandazioni diventano in ogni caso una guida necessaria, per tutti coloro che vogliono attivamente costruire la pace, riconoscendo finalmente alla scuola ed a tutti i suoi mille e mille operatori un ruolo cruciale in questo difficile ma necessario cammino.