Caro direttore,
sono un pensionato di 86 anni, da “sempre” abbonato al nostro giornale. Le scrivo per raccontarle un brutto fatto che si è concluso da poco, in questa estate 2020. Nel dicembre 2007 avevo 4mila euro di risparmi. Ho deciso collocarli in Buoni fruttiferi postali. In Posta mi sono stati consegnati quattro Buoni serie 1B8 da mille euro l’uno assieme a dei fogli informativi. Sabato 28 settembre 2017 sono andato in posta per ritirarli. Mi servivano per pagare una parte del conto del dentista. L’impiegata prende i buoni, li guarda, si alza e va dal direttore. Viene il direttore, che mi fa accomodare nel suo ufficio. Mi dice: «Signor Brisotto, questi buoni sono scaduti e prescritti a favore dell’emittente, e quindi lei li ha persi». Mi è venuto un colpo. Il direttore mi consiglia di fare reclamo, prende un foglio, che viene compilato, e mi dice: «Ci penso io a spedirlo alla Direzione delle Poste». Il 3 ottobre 2019 la Direzione delle Poste mi risponde che visto il Dpr n°…, vista la legge… e quanto prevede il decreto del Ministero del Tesoro del 19/12/2000, la mia richiesta non può essere accolta e i miei soldi vanno nel fondo gestito dalla Società Consap Spa. Consigliato da un amico mi rivolgo al Patronato Acli che mi mette a disposizione un avvocato, il quale mi dice che a Milano c’era stato un caso simile al mio e che il ricorso era andato a buon fine. Abbiamo fatto quindi ricorso e oggi, 30 luglio 2020, l’avvocato mi telefona per informarmi che il nostro ricorso non è stato accettato. Un tempo il conto corrente l’avevo in banca (Unicredit), ma ho pensato che trattandosi di un istituto privato, fosse meglio trasferire il tutto in Posta, perché lo Stato non può fallire e i miei soldi sarebbero stati al sicuro. Io mi chiedo: chi sono i fruitori dei Buoni fruttiferi postali? Basta andare in Posta e vedi facce da operai e simili. I grandi possessori di denaro comprano azioni e altro, hanno i loro commercialisti ecc. Solo il “popolino” va in Posta. Che fine avranno fatto i miei 4mila euro? Forse a finanziare Alitalia e i suoi amministratori? Io sono positivo e spero che i futuri governanti tutelino e difendano prima i piccoli, perché i grandi si difendono da soli. Avrei piacere che un giorno questo mio sfogo potesse trovare spazio nel nostro giornale, magari accompagnato da un piccolo commento. Con stima.
Giuseppe Brisotto Spresiano (Tv)
La sua storia, gentile e caro signor Brisotto, è amarissima ed esemplare. E aiuta a capire perché nel nostro Paese il tasso di sfiducia nei confronti del potere sia così alto. E quando parlo di “potere” mi riferisco al potere politico centrale dei legislatori e decisori, a quello amministrativo locale, a quello detenuto ed esercitato per ragioni che, per decenni e sino a qualche anno fa, sono state quasi solo “di servizio” ai cittadini-contribuenti- utenti da una vasta rete di Enti civili, sociali ed economici che oggi in buona parte è stata spiazzata (ovvero i suoi diversi componenti sono stati trasformati in società per azioni e consegnati a pure logiche di mercato). Il cittadino che “si fida”, e magari si dimentica di una scadenza, non viene aiutato, ma punito. Poste come la sua lettera dimostra, sono ancora identificate con lo Stato anche se si è purtroppo scelto di cambiare la loro natura non tanto per sanare certe storture, ma per potarne i rami che si protendevano e davano sicurezza a tanta parte del nostro Paese, quella che, con supponenza, viene spesso definita “Italia minore”. Ma per stare al punto, credo che le Poste prima di incamerare i suoi risparmi, avrebbero dovuto avvertirla e sollecitarla vigorosamente a ottenere il rimborso. Se non lo avessero fatto, non avrei esitazioni nel dirle che vicende come la sua raccontano una rapina legalizzata. Attenti, dunque, amici lettori, alle scadenze se possedete Buoni fruttiferi postali! Certo è che fatti come questo producono nei sentimenti civici degli italiani un danno davvero grave, gettano sale su una ferita aperta. Persino in lei, caro signore Giuseppe, che è e resta in uomo di speranza. Grazie per la sua amicizia e la sua fedeltà ad “Avvenire”.