Con papa Francesco nel suo viaggio al cuore del mondo e accanto agli ultimi
venerdì 3 dicembre 2021

Caro direttore, ha avuto un bel rimbalzo la netta opposizione allo squinternato “invito”, uscito dal cilindro fantasioso dell’Europa, a non fare gli auguri di Natale e a non usare i nomi di Maria e Giuseppe. L’invito è stato frettolosamente ritirato e da tutte le parti – o quasi – s’è levato un clamore in difesa del Natale. Se io affermo la mia identità – umana, religiosa, professionale – e festeggio il mio Natale e la mia Pasqua, non avrò difficoltà a farti gli auguri per il tuo Ramadan o per il compleanno e le ricorrenze di famiglia. La tua differenza e la mia diventano dono e valore, e insieme costruiamo un mondo umano. Non si impianta nulla con il nulla, ma con il cuore, la ragione, una storia personale, una identità, una comunità.

Il bello è questo vivere insieme, diversi e collaborativi, identificati con la nostra origine e appartenenza e nello stesso tempo integrati nello stesso cammino. È capitato tante volte nella storia, e continua ad accadere nei nostri paesi e nelle famiglie. È qui che si innesta il problema dei profughi e dei migranti che premono alle frontiere o attraversano fortunosamente i nostri mari. Questa Europa non è capace di impiantare corridoi di accoglienza e di integrazione che permettano di eseguire controlli, di salvare gente pericolante in mare, di aprire le frontiere di filo spinato, di riconoscere come persone i bambini, le donne, gli uomini che scappano dalla guerra e dalla fame, dalla persecuzione e dallo sfruttamento. E intanto papa Francesco va a trovare questa gente nei suoi Paesi, sulle frontiere di guerra, nei campi profughi, nei cimiteri di mare e di terra; va ad abbracciare religioni diverse ed etnie lontane. Spalanca il cuore all’accoglienza e le braccia alla misericordia. Apre il sentiero dell’umano. Lo fa da cristiano, da prete, da Papa. E noi? Uomini e donne qualunque, capi di Stato e di governo, intellettuali e po-litici, imprenditori ed economisti, ciascuno secondo la propria funzione, a noi non resta che seguirlo e portare a compimento il suo viaggio nel cuore del mondo.

don Angelo Busetto Chioggia (Ve)


Giusto, caro don Angelo, con parole e gesti liberi e forti ognuno di noi si senta, e nel concreto sia, il “secondo” del Papa nel suo cammino di testimonianza cristiana, di giustizia e di pace. E se qualcuno si sente, e vuol essere, lui il “primo” in questa gara di umanità e solidarietà, sono sicuro che papa Francesco ne sarebbe contento: l’importante è che beati siano gli “ultimi”... (mt)




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