domenica 27 novembre 2011
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Caro direttore,
mia moglie, consigliere di minoranza in un Comune di circa mille anime, ha portato a casa l’anno scorso poco più di 35 euro in gettoni di presenza pur dovendo sobbarcarsi circa 80 chilometri ogni volta che c’è un consiglio o una commissione. Ogni volta il sindaco e l’intero Consiglio comunale si complimentano con lei per l’impegno e per esserci sempre. Come lei ci sono almeno altri centomila italiani che dedicano il proprio tempo alla politica senza neppure ripagarsi delle spese che sostengono.
Sono forse questi i veri eroi della repubblica (gente che si mette al servizio dello Stato e della collettività) anche se ingiustamente vengono considerati dalla gente comune al pari di tutti gli altri politici, abituati a godere di stipendi vergognosamente alti, auto blu e tutta una serie di altri privilegi immeritati, dei quali ovviamente loro, i 'volontari' della politica bassa non godono. Non entro nel merito delle scelte del Colle, mi limito solo a suggerire che il prossimo posto da senatore a vita, dopo l’ultima discussa e poco comprensibile nomina di Monti, potrebbe essere dato simbolicamente a uno di quei centomila italiani che servono lo Stato in silenzio senza chiedere nulla (o quasi) in cambio.
Possibilmente pescando tra quelli che non siano parenti dei soliti noti.
Andrea Bucci, Torino
 
Sono d’accordo con lei, caro signor Bucci, riguardo a molte cose che scrive, quasi tutte. Certo, sono d’accordo sul fatto che lo stile di servizio politico di sua moglie sia giusto e perciò esemplare. Una dedizione così serena e disinteressata me l’ha testimoniata mio padre, e la grande stima che nutro per il “fare politica” (che neppure lunghi anni di giornalismo politico hanno incrinato...) deriva da quella lezione per me indimenticabile. I punti di disaccordo tra lei e me sono soprattutto due.
Il primo discende direttamente da quanto ho appena scritto: non me la sentirei proprio – neanche con le migliori intenzioni, come nel suo caso – di definire «politica bassa» quella di chi è a più diretto contatto con le comunità locali. Credo che possa e debba essere, e in molti casi già è, un’alta e meritoria politica di base. E non è, mi creda, un gioco di parole.
Il secondo riguarda la nomina di Mario Monti a senatore a vita: è infatti evidente a tutti che è stata «discussa» (da qualche parte politica e da un po’ di opinione pubblica), ma non si può dire che sia stata «poco comprensibile». A me pare del tutto comprensibile, sia quanto a significato politico­istituzionale (per i tempi con cui il capo dello Stato l’ha annunciata, che ovviamente possono non convincere tutti) sia sul piano del merito. Il professor Monti è infatti un italiano che ha certamente «illustrato la patria» (articolo 59 della Costituzione), come uomo di cultura, economista ed «euroministro» in rappresentanza del nostro Paese (indicato da due governi di diverso colore) per dieci intensi e unanimemente apprezzati anni.
Proprio per questo, ma lei non è tenuto a ricordarlo sebbene il dettaglio sia tutt’altro che irrilevante, Avvenire nel 2006 – con un editoriale a mia firma – lo suggerì come possibile successore di Carlo Azeglio Ciampi nella prima carica dello Stato.
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