Prostituzione e codici Ateco: l'orrore di veder strumentalizzata la schiavitù
lunedì 14 aprile 2025

In un momento dove continui femminicidisi consumano nella nostra società in cui l’uomo non accetta il rifiuto e pretende di possedere la vita di una donna, c’è qualcuno, in nome di una falsa libertà, che vorrebbe legalizzare di fatto l’acquisto e l’utilizzo del corpo femminile. Tra i tanti incontri avuti con le vittime della tratta ricordo Maria. Una notte avvicinandola sulla strada le rivolsi una serie di domande: «Perché sei qui? Quanto soffri? Perché non vieni via con me?». Questi, ed altri simili, sono gli interrogativi che indirizzo alle schiave della prostituzione. Quesiti opposti a quelli dei clienti che chiedono solo «quanto vuoi?».Quella notte Maria scoppiò a piangere e quando gli domandai cosa avrebbero fatto i suoi genitori qualora avessero saputo che era finita in strada, lei mi rispose: «Verrebbero immediatamente a prendermi». E io: «Questa notte il Signore ha risposto alle loro preghiere e anche alle tue, mandando me a prenderti».

Legittimare la prostituzione con il codice Ateco equivale a negare la tragica realtà del mercimonio coatto. «Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme.È una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all’immaginario corrente. È patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare. È una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società». Sono queste le parole di Papa Francesco pensando ai milioni di uomini che come lupi affamati di perversione pensano di avere il diritto di acquistare rapporti intimi.Oggi a favorire i cosiddetti clienti provvederebbe indirettamente, offrendo un appiglio a possibili spinte di legalizzazione, anche l’Agenzia dell’Entrate che, appunto attraverso il codice Ateco, si allinea dal punto di vista tecnico a quei pochi Paesi europei dove la prostituzione è legalizzata.

In Italia sappiamo che non è reato prostituirsi, ma giustamente è perseguito penalmente chi favorisce o sfrutta la prostituzione altrui. Proprio all’inizio della Settimana Santa queste donne in vendita fanno pensare al Cristo sofferente, abbandonato e maltrattato.Così avviene anche sulle strade e nei locali di quella che alcuni vorrebbero far passare come un’attività lavorativa al pari di altre. Quindi seguendo coloro che spingono il nostro Paese verso la legalizzazione del meretricio, quanti saranno poi felici di vedere anche le proprie figlie, protette dallo Stato, vendere legalmente il proprio corpo per otto ore al giorno? Ma chi vuole promuovere la prostituzione sa cosa è la dignità di una persona? Conosce le atrocità e le umiliazioni cui sono sempre assoggettate le donne nel lasciarsi sfruttare in stato di bisogno o addirittura di schiavitù? Ha detto bene Papa Francesco definendo «patologica la mentalità» di chi vuol fare diventare lo Stato il grande “pappone” di donne che per la maggior parte dei casi non hanno alternative.

Noi della Comunità Giovanni XXIII, sulle orme del nostro fondatore don Oreste Benzi, con le donne più indifese e maltrattate ci viviamo da molti decenni e sappiamo che non è mai una libera scelta lasciarsi usare da sconosciuti in cambio di denaro. Per questo rabbrividiamo, insieme alle nostre sorelle, nel veder strumentalizzato il dolore più atroce a fini di propaganda. Suscita sconcerto anche l’inerzia di chi scegliendo il silenzio forse non si rende conto di alimentare potenzialmente il più turpe dei mercati illegali. Lo spirito della Pasqua possa illuminare il cuore di quanti hanno la possibilità di ravvedersi e fermare questa deriva della nostra civiltà.

sacerdote, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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