martedì 29 ottobre 2024
La tappa italiana dell'artista che da anni canta parole poetiche contro la violenza e l'odio. Il pubblico è l'espressione della diaspora dei russi che sognano una società libera
Il rocker Yuri Shevchuk in una foto d'archivio

Il rocker Yuri Shevchuk in una foto d'archivio - Ansa

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Nei giorni scorsi si è tenuta la tappa italiana del tour che Yuri Shevchuk insieme alla sua rock band DDT, sta realizzando in diverse città europee oltre alla capitale dell’Armenia, Yerevan. Dalle stesse pagine di Avvenire era stata lanciata la proposta al Festival di Sanremo di ospitare lui o fare quantomeno eseguire la sua canzone "Nje streljai" (Non sparare!).

Da poco gli era stato assegnato il Premio Tenco e sarebbe stato forte messaggio di pace da rilanciare da un palco così seguito e non solo dal pubblico italiano. Shevchuk questa volta è riuscito a venire a ritirare il premio di persona. Il concerto in sé è stato significativo per le parole che Shevchuk ha rivolto al pubblico e le canzoni che ha eseguito.

Brani sempre legati a tematiche sociali e soprattutto all’invito a contrastare violenza e odio, all'opposizione alle guerre. Quelle dell’URSS e poi Russia in Afghanistan, Cecenia, Georgia e ora all’Ucraina. Il concerto è un'esperienza di incontro della diaspora russa. Quella che non si riconosce nel regime, già emigrata da tempo e quella che ha abbandonato il paese dopo il 24 febbraio 2022.

Shevchuk è l'espressione di quei russi che il paese non lo lasciano ma che dissentono. La sua voce risuona nel paese anche senza concerti, vietati dopo che nel maggio del 2022 ebbe a dire dal palco "La patria amici non è il sedere del presidente che bisogna accarezzare. La patria è la nonnina che vende le patate alla stazione!". Tutti ricordano anche quando nel 2010 in un incontro di Putin con gli artisti, denunciò la repressione della libertà e la mancanza di democrazia nel paese. E non fu l'unica volta.

Il cantautore ha sempre detto quello che pensa e senza mezze misure. Ha un seguito comune a pochi nel paese. Alla fine del concerto tenuto a Milano un gruppo di persone del pubblico ho atteso di incontrare Shevchuk che poi si è a lungo trattenuto per parlare con tutti. Oltre a diversi russi arrivati da tutta Italia, una coppia di ucraini che vive e lavora in Italia, un giovane russo che vive in Finlandia venuto per assistere al concerto.

A unire tutti loro il sogno di una Russia libera, democratica e in pace con l'Ucraina e col mondo. La coppia ucraina desiderava un autografo e una dedica per la nipote. Nell'attesa di Shevchuk, in quell'angolo milanese si è verificato uno scambio di idee, esperienze, emozioni. Donne e uomini di generazioni diverse con il comune denominatore della musica e del senso delle parole di Shevchuk. 40 anni di storia dei DDT e del loro leader ha attraversato i russi appassionati di rock and roll ma anche dal senso dei testi, vere e proprie poesie che raccontano idee di libertà e di impegno in prima persona.

Shevchuk è andato in Cecenia a suonare contro la guerra, rivolgendosi ai soldati di entrambe le parti a non sparare. Il brano “Nje streljaj” è stato composto nel 1980, ai tempi dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan quando un suo compagno di classe tornò dalla guerra e insieme a lui le bare di giovani caduti al fronte.

Il pubblico che segue i DDT è accomunato da sentimenti che anche una parte della società russa esprime. Centinaia di migliaia di persone conoscono perfettamente il significato dei brani recenti “Drone”, “Tchaikovsky”, “Patria torna a casa” e “Funerale alla guerra”: parlano tutte dell’insensatezza delle guerre.

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