martedì 24 giugno 2014
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"Fermate il commercio delle armi!": è l'accorato appello di monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Bagdad per i cattolici di rito caldeo, che chiede "pace, pace, pace!" per l'Iraq, dove la violenza - come confermano i continui attentati contro i civili - ha trovato nuovo vigore nelle ultime settimane con l'offensiva lanciata dalle milizie radicali dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isis).Migliaia e migliaia di famiglie fuggono, conferma la Caritas, i cui operatori iracheni, già attivi a sostegno dei rifugiati siriani entrati nel paese, si trovano ora ad aiutare anche gli sfollati iracheni alla ricerca di un riparo. Caritas stima che possano essere 500.000 persone, ma è difficile avere dati precisi: sono accolti da parenti e amici, dove possibile, ma la maggioranza dorme nelle scuole, nelle moschee, in tende e in edifici in costruzione. Tutti i gruppi cercano di fuggire, ma i cristiani - sottolinea la Caritas - sono certamente i più svantaggiati: sono una minoranza dovunque e non c'è nessun luogo dove possano sentirsi al sicuro. Almeno 12.000 famiglie, circa 60.000 persone, sono rifugiate in Kurdistan. L'esodo continua, tanto che la piccola comunità cristiana di Erbil è costretta ad accoglierli nelle tende.Intanto il governo di Bagdad chiama alle armi volontari contro l'avanzata dell'Isis. Insomma il clima di guerra è generale e un bagno di sangue sembra purtroppo sempre più vicino, constata l'organismo pastorale della Cei.    Caritas Iraq conta di poter aiutare 2.000 famiglie sfollate, circa 12 mila persone. È un intervento di prima emergenza che prevede la distribuzione di viveri, medicinali e materiale igienico, per un importo di 190 mila euro, nelle località di Niniveh e Duhok, nella regione del Kurdistan. Caritas Italiana si unisce ancora una volta a quanti chiedono che tacciano le armi e, per continuare a sostenere gli sforzi della Caritas locale, rilancia l'appello alla solidarietà.
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