"Fermate il commercio delle armi!": è
l'accorato appello di monsignor
Shlemon Warduni, vescovo ausiliare
di Bagdad per i cattolici di rito caldeo, che chiede "pace,
pace, pace!" per l'Iraq, dove la violenza - come confermano i
continui attentati contro i civili - ha trovato nuovo vigore
nelle ultime settimane con l'offensiva lanciata dalle milizie
radicali dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isis).Migliaia e migliaia di famiglie fuggono, conferma la
Caritas,
i cui operatori iracheni, già attivi a sostegno dei rifugiati
siriani entrati nel paese, si trovano ora ad aiutare anche gli
sfollati iracheni alla ricerca di un riparo. Caritas stima che
possano essere 500.000 persone, ma è difficile avere dati
precisi: sono accolti da parenti e amici, dove possibile, ma la
maggioranza dorme nelle scuole, nelle moschee, in tende e in
edifici in costruzione.
Tutti i gruppi cercano di fuggire, ma i cristiani -
sottolinea la Caritas - sono certamente i più svantaggiati: sono
una minoranza dovunque e non c'è nessun luogo dove possano
sentirsi al sicuro. Almeno 12.000 famiglie, circa 60.000
persone, sono rifugiate in Kurdistan. L'esodo continua, tanto
che la piccola comunità cristiana di Erbil è costretta ad
accoglierli nelle tende.Intanto il governo di Bagdad chiama
alle armi volontari contro l'avanzata dell'Isis. Insomma il
clima di guerra è generale e un bagno di sangue sembra purtroppo
sempre più vicino, constata l'organismo pastorale della Cei.
Caritas Iraq conta di poter aiutare 2.000 famiglie sfollate,
circa 12 mila persone. È un intervento di prima emergenza che
prevede la distribuzione di viveri, medicinali e materiale
igienico, per un importo di 190 mila euro, nelle località di
Niniveh e Duhok, nella regione del Kurdistan.
Caritas Italiana
si unisce ancora una volta a quanti chiedono che tacciano le
armi e, per continuare a sostenere gli sforzi della Caritas
locale, rilancia l'appello alla solidarietà.