Con l’arrivo dell’estate è previsto un aumento dei viaggi nei paradisi turistici - Ansa
Il desiderio è forte, diffuso, condiviso: poter cambiare aria, panorami, magari anche Paese almeno per qualche giorno, dopo un anno di pandemia dagli orizzonti ineluttabilmente sempre uguali. La pressione per tornare a viaggiare verso destinazioni esotiche e lontane esercitata da operatori turistici, compagnie marittime e vettori aerei stremati dalla crisi si fa sempre più intensa, almeno là dove le campagne vaccinali procedono rapide.
Diversi Paesi, infatti, già intravvedono una preziosa via d’uscita nei passaporti vaccinali, lasciapassare sanitari che forniscono la prova dell’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19. Se davvero si imboccasse la strada di considerare solo quelli, e non più tamponi e quarantene, cosa potrebbe accadere quando frotte di turisti da Paesi ad alto tasso di vaccinazione come Israele (dove al momento sono state somministrate 115 dosi ogni 100 persone), Gran Bretagna (50 dosi ogni 100 abitanti) o Stati Uniti (44 dosi ogni 100 abitanti) arriveranno sulle spiagge di Paesi dove vaccinarsi è un miraggio, ad esempio in Kenya, Tailandia o Tunisia, tutte e tre con meno di 0,4 dosi ogni 100 abitanti?
«C’è chi sarà in grado di completare la campagna vaccinale quest’anno, ma per altri Paesi non accadrà prima del 2023 o 2024. Non dobbiamo dimenticarlo quando pensiamo alla possibilità di disporre di passaporti che certifichino la vaccinazione» ci spiega al telefono Maxwell Smith della Western University dell’Ontario, Canada, membro del Gruppo di lavoro su Etica e Covid-19 dell’Oms. «Al momento non abbiamo prove solide del fatto che i vaccini impediscano la trasmissione del virus. Chi ha ricevuto la propria dose può sentirsi al sicuro e di certo lo è per i sintomi più gravi, ma questo non significa che non possa essere vettore del virus, magari nelle sue varianti. Occorre – continua – evitare di aggiungere nuove iniquità a quelle già esistenti, prodotte dalla ingiusta distribuzione delle dosi fra Paesi, e prevenire un’ulteriore “catastrofe morale”, per chiamarla come ha fatto l’Oms che infatti ha sconsigliato l’utilizzo di certificati di vaccinazione come condizione per viaggi internazionali».
Diversi governi, però, sono già al lavoro in questa direzione. Sta valutando l’ipotesi anche la Ue: il 17 marzo la Commissione Europea ha presentato una proposta legislativa per la creazione del “Certificato verde digitale” che, con procedura d’urgenza, approderà a breve al controllo parlamentare. Attesterebbe l’avvenuta vaccinazione, ma anche la guarigione o la negatività a tampone.
Intanto Cipro ha riconosciuto il Green Pass di Israele e da oggi accoglierà i turisti israeliani vaccinati senza sottoporli a test né a quarantena. Porte aperte anche in Grecia per questi viaggiatori, ma a differenza di quanto annunciato in un primo tempo, Atene è tornata sui propri passi, ripristinando i tamponi in entrata (ma non la quarantena).
Mentre c’è già chi segnala passaporti vaccinali falsi venduti nel “dark web" (dai 150 dollari in su), a metà marzo è stato testato il Travel Pass Iata per la prima volta su un volo internazionale, quello della Singapore Airlines atterrato a Londra: si tratta di una App in cui conservare certificati di vaccinazione e risultati di tamponi, da mostrare prima del decollo. «Sappiamo che l’ultimo anno è stato duro per le compagnie aeree, è ovvio ci siano interessi commerciali forti» prosegue il professor Smith: «Dobbiamo rispettare questa prospettiva, ma anche essere certi che, se si sceglie di imboccare questa strada, lo si faccia salvaguardando Paesi e persone che non hanno avuto il vantaggio di vaccinarsi». Anche diverse compagnie da crociera hanno annunciato l’intenzione di tornare in mare richiedendo la prova di avvenuto vaccino ai passeggeri (ma per ora gli itinerari proposti restano limitati).
Il punto è che, quando i Paesi più ricchi considereranno conclusa l’emergenza, queste navi torneranno a fare tappa in molteplici destinazioni: «Se entreranno in contatto con popolazioni dal basso tasso vaccinale, occorrerà che a queste venga data la possibilità di pronunciarsi al riguardo, prima di vedere sbarcare folle di passeggeri in vacanza. Occorre pensare a questa eventualità in maniera collettiva. Ma certo Paesi che contano sugli introiti del turismo potrebbero rivelarsi disponibili a correre il rischio. Ancora una volta sarà delicato trovare un equilibrio tra opportunità economica e salute pubblica».