mercoledì 14 agosto 2024
«Ricchi ed egoisti», ammonisce Kamala Harris. Gli interessi in comune, i maxi licenziamenti, gli autocrati "amici"...
Musk e Trump

Musk e Trump - ANSA

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«In passato – proclama Elon Musk - ho sostenuto Obama. Sono rimasto in fila per sei ore per stringergli la mano. Ero un democratico moderato, ma ora sento che siamo a un bivio nel destino della civiltà e penso che dobbiamo prendere la strada giusta e, e penso che tu sia la strada giusta. Dovresti vincere per il bene del Paese».

Come chiamarli? Il Gatto e la Volpe? Bibì e Bibò? Il patto degli oligarchi? Qualcosa di bizzarro – di « weird», come dice Tim Walz – ma anche di inquietante, in effetti s’intravede nell’incrocio fatale fra l’uomo più ricco del mondo e l’uomo che potrebbe tornare ad essere (o per lo meno a crederci) il più potente del mondo.

Elon Musk e Donald Trump. «Ricchi ed egoisti», come ammonisce Kamala Harris, e questo è sicuro, vista la precipitosa fuga di Musk dalla Silicon Valley californiana per approdare nel fiscalmente più accomodante Texas, ma c’è di più.

L’endorsement di Elon a “The Donald” cela a fatica (anzi: non cela affatto) il disegno dell’oligarca di Space X, di Tesla e soprattutto di X, l’ex Twitter: una casamatta, il fortilizio, la Camelot dei sovranisti, la Disneyland delle fake news incontrollate, contrabbandate come omaggio alla sacralità della freedom of speech di Stuart Mill.

Decine di milioni di dollari scivolano mensilmente dai faraoni della Silicon Valley nelle casse dei tesorieri della campagna elettorale del tycoon, e lo stesso Musk era considerato fra i suoi grandi elemosinieri. Ma lui adesso nega, dicendo - e siamo ormai in pieno teatro dell’assurdo - che si tratta di fake news. In compenso Elon rischia grosso per la dichiarata ostilità di Donald Trump verso le automobili elettriche; ma “The Donald”, dicono, si appresta a dargli una mano, ovvero un posto di governo in caso di vittoria, una postazione di tiro in cui Musk possa sbizzarrirsi nella mansione che Trump predilige: quella di fare piazza pulita delle risorse inutili («You’re fired!», sei licenziato!, era il grido di guerra del suo programma televisivo The Apprentice, che ha trovato nel nostro Briatore l’emulo più riuscito). In questo Musk vanta agli occhi di Trump un passato glorioso: tutti ricordano i licenziamenti in massa fatti al momento dell’acquisto di Twitter, nel 2022, quando congedò con un tweet collettivo 6 mila dipendenti, l’80 per cento del totale. «Un magnifico tagliatore di teste!», ha riconosciuto “The Donald”.

Del resto, quei due si capiscono al volo: il plurinquisito Trump, che se non eletto rischia trovarsi dietro le sbarre con un cumulo di reati degno di un luogotenente di Al Capone e lo spericolato visionario spaziale che in comune hanno la fastidiosa repulsione nei confronti della democrazia, così come il vecchio pensiero occidentale l’ha finora intesa. Per questo millantano di sapersi intendere con Vladimir Putin, Xi Jinping o il satrapo nordcoreano Kim Jong-un, autocrati che non fanno nemmeno più finta di essere leader di democrature (governi autoritari travestiti da democrazie): gli basta il potere assoluto.

E la democrazia, il suffragio universale, l'Esprit des lois di Montesquieu? Ridicole anticaglie. E la correttezza dell’informazione? Basta una breve incursione su Grok, la chatbot di intelligenza artificiale sviluppata dall’azienda di Musk xAI per rendersene conto: è strapiena di astuti strafalcioni elettorali. Inutile dire che convergono tutti a vantaggio del ticket Trump-Vance. Quest’ultimo poi, con i suoi deliri tolkieniano-millenaristici, scettico su Capitol Hill, nemico della burocrazia federale (« Licenzierei tutti gli amministratori, sostituendoli con gente nostra»), è il perfetto compagno di merende del più pericoloso duo della politica americana. Finché dura. Finché l’uno sostiene l’altro. Il Gatto e la Volpe, appunto.

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