lunedì 11 novembre 2024
Il «Washington Post» riferisce di un colloquio tra i due. L'intelligence russa: gli Usa lavorano per rimuovere Zelensky. I russi accelerano l'offensiva militare. Conquistati altri due villaggi
Donald Trump e Vladimir Putin

Donald Trump e Vladimir Putin - Ansa

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«Pura fiction». Con questo lapidario commento il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha smentito che ci sia stata una telefonata fra il presidente Vladimir Putin e il neoeletto presidente americano Donald Trump. «Non c'è stata alcuna conversazione» ha detto, liquidando come «non corrispondenti alla realtà» le indiscrezioni pubblicate dal Washington Post. Stando al quotidiano americano, che riportando la smentita insiste e cita cinque diverse fonti a conoscenza della chiamata, la stessa sarebbe avvenuta il 7 novembre. Durante la conversazione, Trump avrebbe consigliato a Putin di rivedere al ribasso le sue mire sull’Ucraina e di affrettarsi a concludere il conflitto. Gli avrebbe ricordato che gli Stati Uniti dispongono di una consistente presenza militare in Europa.

Il messaggio non è mai partito o, più probabilmente, è risultato sgradito al destinatario? Dallo staff di Trump nessuna indicazione: Steven Cheung, direttore delle comunicazioni, ha detto all’Afp che «non commenta le chiamate private tra il presidente Trump e altri leader mondiali». A irritare il Cremlino potrebbe essere stata la (neanche tanto) velata minaccia contenuta nel riferimento alle forze militari Usa. Per il Washington Post, c’è «nervosismo a Mosca in merito al fatto che Trump mantenga o meno la sua retorica pre-elettorale e cerchi di ripristinare le relazioni con la Russia». Per l’analista politico Abbas Gallyamov, ex speechwriter di Putin fuggito in Israele dopo essere stato bollato come agente straniero, lo “zar” «è molto attento alle apparenze e vuole sembrare il padrone della situazione, non quello che viene minacciato». Dunque: niet alla richiesta di una scadenza per la guerra. «Se la Russia accettasse, anche in parte, la proposta di Trump, risulterebbe che l’ha fatto sotto pressione».

A complicare il giallo, la Tass riferisce che l’intelligence russa ritiene che il dipartimento di Stato Usa stia lavorando per far cadere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, spingendo per elezioni presidenziali nel 2025.

Il portavoce del Cremlino ha ribadito che «l’operazione militare speciale in Ucraina» proseguirà «finché tutti gli obiettivi stabiliti non saranno raggiunti». Peskov non ha escluso la possibilità di un colloquio fra Putin e il cancelliere tedesco Olaf Scholz: «Il Cremlino è aperto ai contatti con tutti, se l’Occidente darà un segnale». Ha però precisato che al momento il segnale non c’è, poiché l’Europa continua a «pompare armi in Ucraina». In un’intervista alla televisione Ard, Scholz aveva detto: arriverà presto il «momento giusto» per una telefonata con Putin. Ma la sua ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, invoca più aiuti per Kiev.

Ad avere sicuramente parlato al telefono con Trump, e con l’imprenditore dell’high-tech Elon Musk che ha sostenuto (e finanziato) la sua campagna elettorale, era stato il 6 novembre Zelensky. Il quale ha smentito di essere a conoscenza (come invece suggeriva il Washington Post) di una telefonata fra Putin e Trump.

Se il mantra ripetuto dal presidente eletto, quanto a politica estera, è stato «fermerò le guerre», nel linguaggio di Mosca (ma anche di Kiev, specularmente) la parola pace significa vittoria. Ovvero annessione della Crimea, sancendo la situazione de facto dal 2014, e quanto meno della parte di Donbass conquistata finora. Per raggiungere l’obiettivo, anche in vista di un crescendo persuasivo di Trump (che se non ha già telefonato, lo farà), i russi accelerano l’offensiva.

L’allerta aerea è scattata l’altra notte in quasi tutta l’Ucraina, dopo il decollo di otto bombardieri strategici Tupolev Tu-95. Almeno sei morti e una ventina i feriti a Mykolaiv e a Zaporizhzhia, nel Sud. Il governatore di Mykolaiv, Vitaly Kim, ha segnalato «incendi negli edifici residenziali». A Kryvyi Rih è stato colpito un edificio di cinque piani: almeno sette i feriti. Prosegue anche l’avanzata di terra, con la conquista del villaggio di Makarovka, nel Donetsk. Il ministro della Difesa russo, che oggi ha ispezionato le truppe in Ucraina, ha detto che è stato preso il controllo anche di Kolisnykivka, nella regione di Kharkiv. L’attacco alla diga di Ternivska del bacino idrico di Kurakhové, nel Donetsk, avrebbe fatto salire di un metro e venti il livello del fiume Vovcha, creando «una minaccia» di inondazioni. Stando al capo dell’amministrazione militare di Kurakhivska, Roman Padun, l’acqua ieri scorreva nei villaggi vicini alla diga, impossibile da ispezionare per i bombardamenti.

In uno scenario internazionale fluido, con tentativi di riposizionamento a seguito della svolta alla Casa Bianca, si fa avanti la Turchia. Eclissato il suo tentativo di candidarsi a mediatrice in Medio Oriente, Ankara cerca un ruolo mondiale proponendosi come pacificatrice in Ucraina. «Con la vittoria di Trump sono aumentate le speranze di mettere fine al conflitto tra Russia e Ucraina – ha detto il ministro degli Esteri, Hakan Fidan –. Per mesi abbiamo tentato di far sedere allo stesso tavolo tutte le parti e in due occasioni, a Istanbul e Antalya, ci siamo riusciti. Ora vogliamo essere i mediatori di un accordo. Siamo pronti ad assumerci la nostra responsabilità».

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