Un bambino e la sua mamma lasciano per sempre Mykolaiv - Fotogramma
Non solo vite perdute in combattimento e sotto i bombardamenti, non solo milioni di cittadini – quasi sette - che hanno trovato rifugio oltre i confini nazionali. La guerra uccide, provoca spostamenti di masse su larga scala, ma incide anche sulla popolazione che verrà. Segnata da un forte declino demografico già prima dell’invasione russa, l’Ucraina contava 48 milioni di abitanti dopo il censimento del 2001, 42 milioni nel gennaio 2022, e – si stima – solo 35,8 milioni nel luglio di quest’anno. Vivendo da sfollati o a rischio sotto le bombe, in pochi hanno oggi il coraggio di mettere al mondo figli. Precipita così il tasso di fecondità, già in precedenza in calo. Dal valore di 1,22 figli per donna alla vigilia della pandemia nel 2020, le stime attuali riferiscono di un tasso sceso sotto l’1, tra i più bassi rilevati al mondo. Per risollevarlo non bastano certo le misure prese dal Parlamento ucraino in materia di crioconservazione, con la legge approvata nel novembre del 2023 che assicura il congelamento del seme e la conservazione gratuita per i soldati, con una modifica della norma lo scorso febbraio, per consentirne l’uso alle vedove di militari caduti (l’Ucraina è già uno degli epicentri della maternità surrogata).
«Dall’invasione russa del 2014 la popolazione ucraina è diminuita di oltre 10 milioni, una perdita sostanziale di capitale umano necessario per la ripresa del Paese» ha dichiarato a Ginevra il 22 ottobre Florence Bauer, direttrice regionale di Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, dando conto del contributo dell’agenzia Onu al piano approvato il 30 settembre dal governo ucraino per una nuova strategia demografica nazionale. Si tratta di un documento di programma di trenta pagine con cui Kiev individua le minacce demografiche attuali, acuite dalla guerra. Tra gli obiettivi principali, «l’aumento del tasso di natalità, la riduzione della mortalità prematura e la garanzia della crescita migratoria». Per raggiungerli, misure che permettano di «sostenere l’autosufficienza delle famiglie, preservare la salute riproduttiva, migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la disponibilità di servizi medici e sociali. Particolare attenzione è rivolta a ridurre al minimo il deflusso degli ucraini all'estero, a creare incentivi per il ritorno di chi è migrato, a sostenere gli sfollati interni». Perché, fa notare, «la concentrazione di popolazione in regioni relativamente sicure causa problemi di disponibilità e qualità dei servizi di base, alloggi, istruzione e sanità». E a proposito di rifugiati oltreconfine, «poiché una parte significativa sono bambini e adolescenti, il loro mancato ritorno porterà a perdite demografiche irreparabili». La situazione è complicata poi dal fatto che alcune famiglie potrebbero riunirsi fuori dall’Ucraina dopo la fine della legge marziale e delle restrizioni ai viaggi, e le donne con un lavoro e un alloggio accettabili potrebbero motivare i mariti a trasferirsi. Così «il numero reale di chi rimarrà all’estero potrebbe variare da 1,3 a 3,3 milioni».
Tra gli obiettivi del piano, c’è anche lo «sviluppo di opportunità per una vita di qualità», affinché l'Ucraina diventi «un Paese in cui si vorrà vivere». «Non solo la bonifica dei territori dagli esplosivi, ma un approccio globale per creare uno spazio sicuro», si legge nel documento, che sembra guardare con speranza al futuro post-bellico, se non fosse che, nelle sue ultime pagine, lascia intravedere l’ombra lunga di un rischio impossibile da evitare. «Allo stesso tempo, anche dopo la fine dell’aggressione armata, per la vicinanza geografica con due paesi autoritari, l’Ucraina dovrà essere sempre pronta al ripetersi di un attacco da parte di un Stato aggressore».