domenica 26 novembre 2023
L’esercito russo a pochi chilometri dalla città nell'est del Paese. La vita sommersa di chi resta fra case bombardate, macerie per strada, colpi di mortaio. Gli aiuti dell’Ordine di Malta
Kupiansk, la città sul fronte dove incombe l’ombra del ritorno dell’invasore
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«Se i russi torneranno, sono certo che sarò uno dei primi a essere ucciso». Prova ad accennare un sorriso Oleksandr Zubar mentre immagina il futuro. Sullo schermo del suo computer scorrono le immagini della liberazione di un anno fa, dopo sei mesi di occupazione di Mosca: lui con i soldati ucraini che sfilano per le strade; lui accanto ai comandanti nel giardino di casa; lui con la bandiera della patria perduta che sistema su un pilone. E poi altre foto: lui che consegna coperte fra le bombe; lui che documenta i «crimini russi», come li definisce; lui che fotografa la distruzione di ogni missile arrivato: sul distretto sanitario, sullo stadio, sulla casa della cultura, nei condomini, fra i negozi.

Oleksandr Zubar, il professore in pensione di 76 anni, che ha scelto di restare a Kupiansk e vive da sommerso

Oleksandr Zubar, il professore in pensione di 76 anni, che ha scelto di restare a Kupiansk e vive da sommerso - Gambassi

Nelle parole di Oleksandr non c’è solo il vaticinio del suo destino ma anche quello della città che ha deciso di non abbandonare: Kupiansk. La città sul fronte, nell’estremo oriente dell’Ucraina, che il Cremlino sta tentando di riconquistare a ogni costo. Con Avdiivka, nel Donbass, è uno dei due ultimi epicentri della guerra su cui si concentra la «massima attenzione», rassicura il presidente Zelensky nel messaggio di tre giorni fa. Campo di «feroci battaglie», dicono i dispacci ufficiali. E con perdite «molto significative», stimano gli 007 di Londra. Centomila gli uomini che, secondo l’intelligence ucraina, Mosca ha schierato per riprendersi Kupiansk e il suo distretto nell’ultimo lembo della regione di Kharkiv.

La devastazione e le vie spettrali di Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri

La devastazione e le vie spettrali di Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri - Gambassi

Il confine russo è a cinquanta chilometri; i territori occupati di Donetsk e Lugansk a poca distanza. Ed è da lì che tentano di avanzare le truppe di Putin verso la città ritenuta strategica per più motivi: è lo snodo ferroviario che collega la Russia con tre regioni ucraine benché la stazione e i binari siano stati fatti saltare in aria; viene considerata dai consiglieri dello “zar” la base da cui partono i missili di Kiev diretti in Donbass; e soprattutto, nella visione russa, è l’avamposto per un nuovo assalto al cuore della regione di Kharkiv. «Un giorno l’esercito russo è a due chilometri dal centro di Kupiansk; un altro a otto», spiega Volodymyr Kurilo che fa la spola con Kharkiv per portare aiuti umanitari e medicinali fra la sua gente. Rimane comunque al di là del fiume Oskil, che attraversa l’abitato, schierato fra le trincee e le lande da cui partono razzi, bombe teleguidate e colpi di mortaio che si susseguono senza sosta. Insieme con i morti. Fino a 70 gli attacchi in ventiquattro ore.

La devastazione a Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri

La devastazione a Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri - Gambassi

«Il Cremlino si accanisce sulla nostra comunità dall’inizio della guerra. Adesso siamo uno dei principali obiettivi», sottolinea Oleksandr. Ha 76 anni. E qui tutti lo chiamano il “professore” anche se è in pensione: perché è stato insegnante, storico e giornalista. E rimane consigliere del distretto. «Siamo come Mariupol: la città è completamente devastata. Ma non faremo la stessa fine. Non cadremo in mani russe. Ho fiducia nei nostri soldati che resistono e arginano le offensive», sostiene l’ex docente.

La devastazione e le vie spettrali di Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri

La devastazione e le vie spettrali di Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri - Gambassi

Il computer dell'insegnante è sul tavolino in una stanza di due metri per cinque, in buona parte invasa dalla stufa a legna in muratura. «Era la cucina dove i miei preparavano il cibo per i maiali». Ora è il suo appartamento. Letto con le assi di legno in un angolo. Tappeto sulla parete per proteggersi dal freddo. Le mensole con i libri. E accanto alla minuscola porta il ritratto di Taras Shevchenko, il padre della cultura ucraina. «Non posso vivere nella vera e propria casa. Un missile è piombato sulla strada. Per i continui attacchi l’elettricità va e viene. Impossibile riscaldarla. Anche l’acqua corrente non sempre c’è: ma ho il pozzo». Poi gli occhi si riempiono di lacrime. «E non posso vivere lontano da qui. Tutto questo è frutto di anni di fatiche e sacrifici di mio padre». Ha fatto sfollare la moglie e le due figlie. «Sono rimasto durante l’occupazione. Resto anche ora».

La devastazione e le vie spettrali di Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri

La devastazione e le vie spettrali di Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri - Gambassi

Come lui in altri tremila vivono nell’enclave “rossa”, secondo la classificazione delle forze armate. Rossa perché troppo pericolosa per essere accessibile e anche abitabile. In più di 25mila l’hanno già lasciata dall’inizio dell’invasione russa. Un mese fa è scattata l’evacuazione obbligatoria dei bambini con le loro famiglie: ne sono stati portati al sicuro 285 dall’intero distretto. «Ho ripetuto parecchie volte ai genitori di rifugiarsi altrove. E aggiungevo: “Come fanno i vostri figli anche solo a sorridere in una situazione così?”», ripercorre il professore. Ma, a detta del capo dell’amministrazione militare regionale di Kharkiv, Oleh Syniehubov, ancora dodici piccoli devono essere recuperati.

Il museo di storia locale di Kupiansk devastato dai missili russi in cui sono state uccise la direttrice e la sua vice

Il museo di storia locale di Kupiansk devastato dai missili russi in cui sono state uccise la direttrice e la sua vice - Gambassi

Eppure si fa fatica a pensare che qualche migliaio di persone sia ancora fra palazzine ed edifici per due terzi distrutti. «Da qui puoi vedere solo il cielo»: sulla porta di ferro nero che ha preso il posto di quella esplosa una mano anonima ha scritto l’unica verità che ora racconta il museo di storia locale. Con quell’ironia macabra che la guerra alimenta, in cui fatalismo e tenacia si fondono. Non è rimasta in piedi che la facciata. Non il tetto. Non il resto dello stabile che sembra come addentato dalle fauci di un gigante. Il gigante russo. «Era uno dei nostri scrigni. Poi durante il conflitto è diventato lo sportello umanitario per chi aveva scelto di non andarsene. Adesso è solo macerie dopo essere stato colpito ad aprile. E in queste stanze hanno perso la vita la direttrice e la sua vice», spiega Volodymyr. Il museo a brandelli testimonia che cosa sia Kupiansk oggi.

La devastazione a Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri

La devastazione a Kupiansk, la città sul fronte che ha l'esercito russo a pochi chilometri - Gambassi

Una città spettrale dove in mezzo ai ruderi anneriti e alle strade deserte rimbalza solo il rumore dei mezzi militari o l’eco sinistro degli scontri fra i due eserciti che il silenzio amplifica. In giro unicamente uomini in divisa. «Un amico che ancora risiede in una delle vie principali ha contato undici civili passare in un giorno», confida Oleksandr. Perché qui vale la regola dei sommersi e dei salvati. Ma non nell’accezione di Primo Levi dove i due participi sono contrapposti. Si prova a salvarsi dai continui agguati dal cielo restando nascosti, vivendo da sommersi: negli scantinati, nei sotterranei, fra le mura domestiche.

La croce a otto punti dell'Ordine di Malta nell'hub clandestino degli aiuti umanitari a Kupiansk

La croce a otto punti dell'Ordine di Malta nell'hub clandestino degli aiuti umanitari a Kupiansk - Gambassi

«Uscire significa rischiare» è il principio. Accade solo per trovare di che campare. Nei pochi negozi aperti i prezzi sono volati alle stelle: per la speculazione e la difficoltà dei trasporti in un’area così calda. «Ma non ci sono più soldi - dice l’insegnante -. C’è chi ricorre all’orto. Però sono soprattutto i carichi di beni di prima necessità che ci consentono di mangiare e lavarci». L’ultimo centro di raccolta è in un edificio abbandonato vicino a un cratere di cinque metri lasciato da un missile. Un «hub clandestino - chiarisce Volodymyr - altrimenti il nemico lo bombarderebbe». Nel cortile interno c’è però uno striscione. Compare la croce a otto punte dell’Ordine di Malta che, riferisce il volontario, «grazie a un’associazione di Kharkiv fa giungere materiale fin qui, a ridosso della linea del fuoco».

La devastazione di Kupiansk, la città sul fronte che è continuamente sotto il fuoco russo

La devastazione di Kupiansk, la città sul fronte che è continuamente sotto il fuoco russo - Gambassi

​La neve è appena arrivata. E con il crollo delle temperature anche l’escalation dei «blitz alle infrastrutture energetiche che causano danni enormi», avverte il capo dell’amministrazione militare Andriy Besedin. La comunità viveva sulle due sponde del fiume. Ormai la riva sinistra è inaccessibile: abbattuti tutti i ponti. L’ultimo a settembre. «Nel raid è stata centrata l’auto di una Ong ucraina e sono morti in due», afferma Dmytro Bierieshev, anche lui uno degli “angeli” del cibo con l'organizzazione “Est-Ovest” di Kharkiv. Ha due figli ed è un ingegnere. «Perché vengo ancora a Kupiansk? Perché se hai anche solo contribuito a salvare un uomo, la tua vita è stata degna di essere vissuta».

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