domenica 28 aprile 2024
Viaggio nel centro di riabilitazione fisica e psicologica di Leopoli che salva i piccoli malati che hanno perso gambe e braccia, che nascono prematuri per i traumi delle madri, che fuggono dal fronte
Olenka, la 17enne costretta a fuggire dalle bombe per essere curata, che è stata accolta da “Unbroken Kids”, il polo di riabilitazione fisica e psicologica a Leopoli per i ragazzi travolti dalla guerra

Olenka, la 17enne costretta a fuggire dalle bombe per essere curata, che è stata accolta da “Unbroken Kids”, il polo di riabilitazione fisica e psicologica a Leopoli per i ragazzi travolti dalla guerra - Gambassi

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C’è il nome di un paziente che passa di bocca in bocca fra le corsie dell’ospedale “Saint Nicholas” di Leopoli. O meglio, di una paziente. È quello di Veronica, la “bambina del miracolo”, come l’hanno chiamata: rimasta viva, non si sa come, sotto le macerie della sua casa bombardata dall’esercito russo. E la bambina che ha cambiato il volto del presidio sanitario diventato fin dall’inizio dell’invasione il “santuario” dei feriti di guerra nella città a settanta chilometri dal confine con la Polonia. Perché grazie a lei, alla piccola orfana, è nato il primo centro dedicato ai ragazzi travolti dal conflitto: “Unbroken Kids”. Un polo di riabilitazione fisica e psicologica che parla anche italiano. Per il sostegno della onlus “Soleterre”, impegnata dal 2003 accanto ai bambini dell’Ucraina, che ha contribuito a fondare la struttura assieme al partner locale “Zaporuka” e oggi finanzia una parte del personale.

Una seduta nel centro di riabilitazione fisica e psicologica a Leopoli per i ragazzi travolti dalla guerra

Una seduta nel centro di riabilitazione fisica e psicologica a Leopoli per i ragazzi travolti dalla guerra - Gambassi

«Veronica è l’unica sopravvissuta della sua famiglia. Il missile piombato sulla loro abitazione a Vuhledar, villaggio nella regione di Donetsk, ha ucciso i genitori, la nonna, il fratellino e la sorellina. Sono stati i corpi della madre e del padre a salvarla», spiega la direttrice sanitaria, Zoryana Ivaniuk. Erano le prime settimane dell’aggressione russa. «A Leopoli è arrivata da sola, senza alcun documento, con uno dei treni medici che portavano qui i feriti più gravi». Ha raccontato lei stessa la tragedia che aveva vissuto. Nel suo corpo aveva ancora le schegge dell’ordigno esploso. «È stata operata più volte. Ha anche problemi alla vista dal momento che un occhio è stato ferito. Ecco perché c’è bisogno di un complesso come questo che accompagni i piccoli pazienti ben oltre gli interventi o il ricovero. I traumi dovuti alla brutalità di un’invasione non si curano in qualche settimana». Come sa bene Veronica. «Quando ha messo piede in ospedale aveva 10 anni. Oggi ne ha 12», chiarisce Zoryana. E la sua nuova famiglia è “doppia”: la casa d’accoglienza di suor Giulia, religiosa greco-cattolica che l’ha presa in affido, e l’unità medica che le sta permettendo di riprendersi in mano la vita.

Zoryana Ivaniuk, la direttrice sanitaria del centro pediatrico di riabilitazione fisica e psicologica

Zoryana Ivaniuk, la direttrice sanitaria del centro pediatrico di riabilitazione fisica e psicologica - Gambassi

Nuvole celesti, mongolfiere colorate, alberi stilizzati alle pareti accolgono chi entra nel centro pediatrico aperto ufficialmente nell’estate 2023 e ospitato in uno dei sette piani del “Saint Nicholas”. Più che un reparto, è una cittadella della salute a misura dei giovanissimi che si sono trovati sotto le bombe. E racconta gli effetti della guerra sui ragazzi. «Unbroken Kids vuole essere anzitutto una risposta all’emergenza sanitaria che si è abbattuta come uno tsunami sui bambini. Bambini evacuati dalle aree più a rischio con amputazioni e lacerazioni importanti, vuoi per gli attacchi o gli scontri, vuoi per le mine», riferisce Daniele Bordoli, responsabile comunicazione di “Soleterre” in Ucraina. E qui c’è chi ha ritrovato la gamba o la mano persa attraverso le protesi che ha ricevuto in dono; chi è tornato a camminare e a riappropriarsi del proprio corpo sfregiato; chi ha ricominciato a dormire senza incubi o a non scoppiare a piangere all’improvviso per gli choc che i missili gli avevano procurato.

Le corsie di “Unbroken Kids”, il centro di riabilitazione fisica e psicologica per i ragazzi travolti dalla guerra che si trova nell’ospedale “Saint Nicholas” di Leopoli

Le corsie di “Unbroken Kids”, il centro di riabilitazione fisica e psicologica per i ragazzi travolti dalla guerra che si trova nell’ospedale “Saint Nicholas” di Leopoli - Gambassi

Soltanto nei primi tre mesi del 2024 sono stati 112 i baby malati che hanno alloggiato nelle camere e 324 quelli che hanno frequentato il polo ogni giorno. «Le ferite non sono soltanto quelle fisiche ma anche quelle della mente», tiene a precisare Serhiy Khuda, responsabile della riabilitazione, mentre indica la piscina che è una “palestra” per i piccoli con carenze motorie e poi la «macchina dell’equilibrio che con una serie di videogiochi consente di riprendere a usare gli arti», sottolinea. Non è un caso che facciano parte dell’équipe anche alcuni psicologi che si affiancano a logopedisti, terapeuti occupazionali, fisioterapisti. «I primi 400 pazienti seguiti - dice Daniele - avevano tutti in comune disturbi d’ansia e depressivi. Un bambino traumatizzato ha un rischio 4,5 volte più alto di depressione e 12,2 volte maggiore di tentativi di suicidio».

Serhiy Khuda, responsabile della riabilitazione nel centro “Unbroken Kids”

Serhiy Khuda, responsabile della riabilitazione nel centro “Unbroken Kids” - Gambassi

Nel centro entrano anche i neonati. «Neonati prematuri che sono aumentati in modo significativo in due anni di guerra», riferisce Serhiy. Sono per lo più figli di donne fuggite dal sud e dall’est dell’Ucraina lungo cui passa la linea di combattimento. «Dopo qualche settimana in terapia intensiva, i bimbi restano qui fino a quella che sarebbe stata la quarantesima settimana di gravidanza della madre, ossia quella del parto ordinario. La sfida è insegnare ai piccoli ad affrontare la vita e ai genitori a custodire esistenze tanto fragili: così, ad esempio, spieghiamo loro come si fa un abbraccio o come si tengono i figli sulle spalle». Epperò, prosegue Khuda, il conflitto non ha solo sconvolto i ragazzi «ma li ha anche fatti “non nascere”. Infatti i parti sono crollati di un terzo». Per una girandola di ragioni. «La paura del futuro; la fuga all’estero di molte donne; l’arruolamento degli uomini che sono fissi al fronte».

L'ingresso di “Unbroken Kids”, il centro di riabilitazione fisica e psicologica a Leopoli per i ragazzi travolti dalla guerra

L'ingresso di “Unbroken Kids”, il centro di riabilitazione fisica e psicologica a Leopoli per i ragazzi travolti dalla guerra - Gambassi

Poi gli assalti di Putin si sono abbattuti anche sui ragazzi che combattono la propria malattia o la disabilità. «Nei nosocomi che si trovano nelle zone a ridosso dei campi di battaglia non può essere garantita un’assistenza costante», avverte la direttrice sanitaria. È ciò che sperimenta sulla sua pelle Olenka: in lotta con il cancro e contro i missili che cadono sulla sua città, Kharkiv. Ha 17 anni. «A Kharkiv ci hanno detto che non l’avrebbero operata - racconta il padre, Victor Shyshkin -. È una malattia rara, la sua, che intacca anche la spina dorsale. Da noi non ci sono più medici specialisti: sono tutti a servizio dei militari».

Victor Shyshkin, il padre di una delle giovani pazienti curate nel centro “Unbroken Kids”

Victor Shyshkin, il padre di una delle giovani pazienti curate nel centro “Unbroken Kids” - Gambassi

A riaccendere la speranza è stato il “Saint Nicholas”. Diciotto ore di operazione e ora la fisioterapia. In attesa di un secondo intervento. «Qui ci sentiamo accolti», dice il costruttore edile che ha lasciato tutto per essere a fianco della figlia. «La nostra casa è stata danneggiata in un raid russo. L’ho riparata alla meglio e siamo rimasti». Finché non è stato scoperto il tumore. «Grazie al cielo c’è chi ci aiuta», sussurra Victor. Come lui ha fatto a Kharkiv. «È capitato che dopo un bombardamento abbia portato i feriti all’ospedale o il cibo alle famiglie colpite». La solidarietà come via di resistenza all’orrore. Anche dentro un reparto all’avanguardia che dà un futuro alla generazione chiamata a ricostruire il Paese.

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