Nella partita che si gioca nel Nord siriano, dove la Turchia ha lanciato un'offensiva militare contro i curdi, vengono spesso dimenticati altri “perdenti”: i cristiani. È difficile fornire delle statistiche precise circa l’attuale presenza cristiana nei territori governati dalle milizie curde. Prima della guerra siriana, si contavano comunità cristiane in tutte le principali località: 1.500 famiglie a Raqqa, metà delle quali greco-ortodosse; mille a Tall Abyad, in particolare armene; 300 a Tabqa (al-Thawra); 150 a Deir ez-Zor, principalmente siro-ortodosse, ma anche latine, siro-cattoliche e armene; senza contare le decine di migliaia di cristiani che popolavano le città di Hassaké e Qamishli, nel nordest, e tutta la Valle del Khabur con i suoi 35 villaggi assiri.
Di questa presenza la fondazione tedesca Konrad Adenauer ha tracciato di recente situazione e prospettive in un dossier di 92 pagine che mette in guardia dalle conseguenze di un intervento turco, che sarebbe l’ultimo anello di una serie di sventure che hanno costretto i cristiani all’esodo.
La più dura è stata l’avanzata del Daesh che è riuscita, tra il 2014 e il 2017, a spazzare via buona parte di queste comunità, specialmente nella parte centrale, da Tall Abyad a Raqqa. A Tabqa vivono oggi solo cinque famiglie siro-ortodosse, mentre a Deir Ezzor i cristiani esitano a fare ritorno nonostante la celebrazione, nel febbraio 2018, della prima Messa post-liberazione. In fondo, quei cristiani si definiscono come i “figli dei sopravvissuti”, scampati o al genocidio degli armeni e dei siriaci in Turchia oppure al massacro degli assiri in Iraq.
Il precedente dei cristiani di Afrin, “liberata” dai turchi l’anno scorso, è presente agli occhi di tutti. Tra le truppe dell’Els entrati nel cantone a fianco dei soldati di Ankara c’erano gruppi radicali islamici e addirittura jihadisti. Risultato: i cristiani sono fuggiti verso Kobane dove si contano oggi 300 cristiani, tutti presumibilmente curdi convertiti dall’islam.
La presenza massiccia di cristiani si registra comunque nell’estrema parte nordorientale della Siria. Il vescovo siro-cattolico, monsignor Jacques Behnan Hindo, parla di 5.000 famiglie nella sua diocesi di Hassaké-Nisibi. «In molti si erano già spostati dalle località di frontiera. Ora che il conflitto è diventato più grave temo che saranno in tanti ad emigrare».
Qualcuno cercherà di opporsi al destino con le armi. Tra le milizie che compongono le Forze democratiche siriane (Fds) fanno parte quella del Partito dell’unione siriaca e una sezione femminile detta Forze di protezione delle donne di Bethnarain. Una forza stimata tra 400 e 1000 combattenti cui si aggiunge una forza di polizia, detta Sutoro.