Una veduta di Doha, in Qatar (Ansa)
Lo tsunami che lunedì si è abbattuto sulle monarchie del Golfo continua a suscitare preoccupazioni regionali. L’Arabia Saudita, punta di lancia dell’offensiva contro Doha, sembra infatti intenzionata ad andare fino in fondo, cercando di mobilitare altri Paesi al suo fianco, come il Marocco, la Giordania e il Sudan.
L’evoluzione della crisi sarà più chiara non appena si conoscerà l’esito del giro di mediazione intrapreso ieri dall’emiro del Kuwait tra Doha e Riad. Per agevolare la sua missione, lo Sheikh Sabah al Ahmed al-Jaber al-Sabah aveva già chiesto nel corso di un colloquio telefonico avuto lunedì sera con l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim Bin Hamed al-Thani, di evitare contromisure contro i suoi vicini. Il Kuwait aveva mediato con successo nel 2014 tra sauditi e qatarioti, ma la missione appare oggi molto più delicata, con indiscrezioni sulle dure condizioni poste da Arabia Saudi- Lta ed Emirati arabi per un ritorno alla normalità con il Qatar: in pratica, «la testa» dell’emittente tv al-Jazeera. Non mancano perciò gli analisti arabi che evocano la possibilità di un intervento armato contro il piccolo emirato «ribelle» in caso di fallimento della fase negoziale. «Assistiamo oggi – scrive l’editorialista Abdel-Bari Atwan – a un ferreo embargo economico, politico e sociale contro il Qatar. Manca solo che assistiamo all’invio di caccia e di carri armati mandati per occupare il palazzo dell’emiro e intronizzare un altro». Con luce verde americana. Il presidente Donald Trump ha scritto ieri su Twitter che «è bello vedere che la visita in Arabia Saudita e l’incontro con i 50 Stati stanno ripagando. Hanno detto che avrebbero assunto la linea dura sui finanziamenti al terrorismo, puntando al Qatar. Forse questo sarà l’inizio della fine dell’orrore del terrorismo». Parole che hanno suscitato l’ennesima presa di distanza da Trump del presidente francese Emmanuel Macron, pronto a sostenere qualsiasi iniziativa che possa allentare la tensione.
Ma basta anche seguire le analisi offerte da emittenti come al-Arabiyah (trasmette da Dubai con investimenti principalmente sauditi) e Sky News Arabia (di proprietà di un membro della famiglia regnante negli Emirati arabi) per convincersi che il peggio può arrivare in qualsiasi momento. Intanto il cerchio si stringe ulteriormente attorno al Qatar, spingendo il governo di Doha a ricorrere ancora di più ai favori dell’odiato Iran. Ieri, Riad ha annullato la licenza di Qatar Airways – che possiede il 49% di Meridiana – e chiuso gli uffici della compagnia sul suolo nazionale. Dal canto suo Qatar Airways ha annunciato di aver sospeso «sine die» tutti i voli verso Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrein ed Egitto.
L’isolamento del Qatar sta tuttavia provocando dure reazioni popolari, anche all’interno dei Paesi coinvolti nell’operazione. Molti egiziani lamentano il fatto che il loro Paese abbia «obbedito» alla parola d’ordine saudita, alla stregua delle Maldive e dell’isola Mauritius. L’accusa rivolta al Qatar di «fomentare il terrorismo» è inoltre considerata un ridicolo tentativo saudita di «gettare le proprie colpe sulle spalle di un altro Paese». Ieri, il governo delle Filippine ha deciso di sospendere il viaggio dei suoi cittadini verso il Qatar come misura preventiva contro un’eventuale deterioramento delle condizioni di vita degli oltre 200mila filippini che vivono nell’emirato assediato.