Ciò che in tanti avevano previsto sembra avverarsi. La Russia ha infatti invitato l'Amministrazione Trump a unirsi ai negoziati di pace sulla Siria che Mosca vuole avviare con Turchia e Iran. Lo ha rivelato il Washington Post citando fonti del transition team del presidente eletto. L'invito sarebbe arrivato nel corso di una telefonata del 28 dicembre tra Michael Flynn, nominato da Trump consigliere per la sicurezza nazionale, e l'ambasciatore russo a Washington Sergeij islak. Si tratta di un autentico schiaffo di Mosca all'amministrazione uscente di Barack Obama, che è sempre stato estromesso sia dalla fissazione della tregua in Siria sia dalla fissazione dei colloqui di pace che dovrebbero portare a una “road map” per l'uscita dal conflitto e a una spartizione, di fatto, del territorio formalmente governato da Bashar al-Assad in zone di influenza russa, turca e iraniana.
La conferma dello staff
A dimostrare il gelo tra Mosca e l'attuale leadership statunitense, il dipartimento di Stato americano, per voce di Mark Toner referente di John Kerry, aveva smentito qualsiasi «invito formale ai colloqui di pace sulla Siria organizzati da Russia e Turchia» e che dovrebbero iniziare il prossimo 23 gennaio ad Astana, in Kazakistan. Sempre ieri il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva invece svelato le carte, dicendo che Turchia e Russia avevano concordato sul fatto che Washington «deve essere assolutamente invitata» ai colloqui sul futuro politico del Paese devastato dalla guerra. Tuttavia, alla richiesta di commentare la dichiarazione turca, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskovaveva aggiunto di «non poter dire nulla su questo argomento». Nella serata italiana è arrivata poi la conferma. Il team del presidente eletto Donald Trump ha confermato di essere stato invitato a partecipare ai negoziati di pace sulla Siria in Kazakistan. "Ci è stato chiesto di assistervi", ha spiegato all'agenzia France Press Sean Spicer, futuro portavoce della Casa Bianca, lasciando intendere che per il momento non era stata ancora fornita una risposta.
Cinque telefonate con i russi
Si moltiplicano, intanto, i contatti tra l'Amministrazione entrante e Mosca. E si scopre che il futuro Consigliere per la sicurezza nazionale degli Usa, Michael Flynn, scelto dal presidente eletto Donald Trump, ha avuto cinque telefonate con l'ambasciatore russo a Washington Sergeij Kislyak il 29 dicembre, cioè il giorno in cui gli Stati Uniti hanno annunciato delle sanzioni contro Mosca in risposta alla sua presunta ingerenza sulle elezioni presidenziali dello scorso 8 novembre. Lo riferiscono a “Reuters” tre fonti al corrente dei fatti, spiegando che le chiamate sono intercorse fra il momento in cui all'ambasciata russa è stato riferito delle sanzioni Usa e quello in cui il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che aveva deciso di non rispondere a quelle misure. Il 29 dicembre il presidente Usa, Barack Obama, ha annunciato di avere ordinato l'espulsione di 35 diplomatici sospettati di essere spie e ha imposto sanzioni a due agenzie di intelligence russe per il loro presunto coinvolgimento nell'hackeraggio di gruppi politici Usa.
Le altre due fonti, invece, riferiscono che la tempistica delle telefonate ha sollevato la questione del se Flynn abbia dato a Kislyak rassicurazioni per placare la rabbia della Russia per le mosse degli Usa. Se fosse così, potrebbe avere violato il Logan Act del 1799, che vieta ai cittadini Usa non autorizzati di negoziare con governi stranieri con i quali gli Stati Uniti abbiano dispute. Questa legge è mirata a evitare l'indebolimento di posizioni ufficiali del governo degli Stati Uniti. L'Amministrazione Obama notificò quella decisione all'ambasciatore russo circa un'ora prima di renderla pubblica, riferisce una delle fonti. Il primo a riferire delle telefonate tra Flynn e Kislyak è stato l'editorialista David Ignatius del “Washington Post”. Un funzionario legato a Trump ha confermato la conversazione del 29 dicembre tra Flynn e l'ambasciatore, precisando però che non avevano discusso delle sanzioni. Le tre fonti consultate da Reuters dicono di non sapere chi abbia avviato le chiamate tra Flynn e Kislyak, né quale fosse il contenuto dei colloqui, negando di dire da chi abbiano saputo delle telefonate. Secondo una delle fonti non c'è niente di strano o sbagliato nel parlare con un diplomatico russo da parte di un membro del team di Trump dopo l'annuncio Usa. Mosca, aggiunge la fonte, probabilmente voleva avere un'idea di cosa la squadra di Trump pensasse delle misure. E anche il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Mark Toner, pensa analogamente: «Non vediamo necessariamente qualcosa di non appropriato nei contatti fra membri della prossima amministrazione e le autorità straniere».
Il «no comment» di Mosca
Alla richiesta di commentare le indiscrezioni di stampa relative all'invito agli americani per partecipare ai colloqui di pace sulla Siria, però, è stato lapidario il viceministro degli Esteri di Mosca, Sergeij Ryabkov: «Noi non commentiamo i contatti quotidiani di lavoro della nostra ambasciata o dei rappresentanti di questo dicastero con i colleghi di altri Paesi, Stati Uniti compresi», ha tagliato corto Ryabkov. Un riserbo legato anche al fatto che la nuova Amministrazione non è ancora insediata.
Il Senato vuole indagare
Per vederci chiaro, comunque, la Commissione Intelligence del Senato americano indagherà anche sui possibili legami tra il presidente eletto Donald Trump e Mosca. L'indagine, annunciata ad una settimana dal suo insediamento alla Casa Bianca, rientra nel più ampio dossier aperto sulle interferenze degli hacker russi durante le elezioni americane. Il presidente della commissione intelligence del Senato, il repubblicano Richard Burr, e il vice presidente, il democratico Mark Warner, in una nota congiunta hanno indicato che l'inchiesta «prenderà in esame le preoccupazioni del controspionaggio relative alla Russia e alle elezioni Usa 2016, contemplando ogni informazione riguardante i legami tra la Russia ed individui collegati alle campagne politiche».