Ancora sangue in Siria, dove almeno 12 persone sono morte e altre venti sono rimaste ferite in un assalto delle forze dell’ordine, avvenuto alle 3 del mattino di ieri, contro la moschea al-Omari di Deraa, nel sud del Paese, epicentro delle proteste contro il regime. La tensione è salita ancora nel corso della giornata: alcuni attivisti dei diritti umani hanno infatti riferito che la polizia ha aperto il fuoco anche nel pomeriggio contro le persone radunatesi per celebrare il funerale di due delle vittime dell’assalto. Una di queste è il medico Ali Ghassab al-Mahamid, membro di un’importante famiglia della città che si era impegnato nei giorni scorsi a portare soccorso ai feriti. In questo secondo assalto hanno perso la vita altre tre persone, tra cui una bambina.Prima dell’attacco, riferiscono testimoni locali, l’elettricità è stata tagliata nella città, mentre sono stati interrotti i collegamenti telefonici. Il corrispondente della tv panaraba al-Arabiya ha riferito del ferimento di «centinaia di persone» nelle ultime ore e ha affermato che, dopo lo sgombero forzato della moschea, «molte case di Deraa sono ora trasformate in piccoli ospedali da campo». L’emittente ha inoltre riferito del dispiegamento di oltre 3mila tra militari e poliziotti siriani attorno alla città. Diversa la versione fornita dalla tv di Stato siriana, che ha parlato di una non precisata «banda armata» che avrebbe attaccato un’ambulanza, uccidendo quattro persone. Secondo l’emittente, la banda armata «ha usato dei bambini precedentemente rapiti per proteggersi nella moschea» cittadina, «dove avevano nascosto le armi». Il bilancio delle vittime delle proteste anti-regime avvenuti negli ultimi giorni sale così a circa 14 morti. L’opposizione ha invitato il popolo siriano a manifestare venerdì in tutte le città del Paese in segno di solidarietà con la popolazione di Deraa. Ieri l’agenzia ufficiale Sana ha riferito che il presidente Bashar al-Assad ha emesso un decreto per le dimissioni di Faysal Kulthum, governatore di Deraa. La decisione circolava già da giorni ma non era ancora stata resa ufficiale. Raffica di condanne ieri contro l’ennesimo bagno di sangue. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navy Pillay, ha chiesto al governo siriano di porre fine immediatamente all’uso eccessivo della forza contro i manifestanti e di iniziare un dialogo sulle richieste avanzate dal popolo. «La gente – ha puntualizzato Pillay – ha il diritto di esprimere il proprio dissenso e di porre domande al governo». A Parigi, il portavoce del ministero degli Esteri ha chiesto alla Siria di «procedere a un’inchiesta trasparente sugli eventi degli ultimi giorni e rinunciare all’uso eccessivo della forza». Bernard Valero ha anche chiesto al governo siriano di intraprendere «senza indugi riforme politiche per rispondere alle aspirazioni espresse dal popolo siriano» e di «liberare tutte le persone detenute per aver partecipato a delle manifestazioni». A Washington, il portavoce del Consiglio della sicurezza nazionale ha condannato «l’uso sproporzionato della forza contro i civili» e ha avvertito che i responsabili delle violenze dovranno rendere conto delle loro azioni. In un’intervista al quotidiano Hurriyet, il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha riferito di una recente conversazione con Assad in cui avrebbe evocato la possibilità di una rivolta popolare in Siria. «Gli ho detto – ha dichiarato Erdogan – di ricavare una lezione da quanto accade nella regione: dovrebbe trovare una soluzione diversa, avvicinandosi al proprio popolo con un atteggiamento democratico».