Di fronte alla tragedia siriana, i grandi del mondo assistono inerti, nel migliore dei casi, aspettando con poche speranze Ginevra 2. La Chiesa invece si muove concretamente per la pace e per il sostegno umanitario, con 78 milioni di dollari (oltre 57 milioni di euro) stanziati finora. A fare il punto sull’aiuto al popolo siriano è il cardinale Robert Sarah, presidente del pontificio consiglio Cor Unum, alla presentazione in Vaticano della missione sanitaria per i bambini siriani rifugiati in Libano, promossa dal dicastero assieme all’ospedale pediatrico Bambino Gesù e a Caritas Libano. Il via ai primi di dicembre, per una durata iniziale di tre mesi, prorogabili se necessario.«La guerra che si sta combattendo in Siria costituisce una tragedia di fronte alla quale non si può rimanere inermi», ha detto il cardinale Sarah che tra poco ne prenderà visione direttamente: insieme al segretario del dicastero, monsignor Giampietro Dal Toso, il cardinale Sarah si recherà dal 4 all’8 dicembre in Libano. «Nel complesso – ha detto – sono più di due milioni i siriani rifugiati, la maggior parte nei Paesi dell’area mediorientale e mediterranea, dei quali oltre 800mila solo in Libano, 515mila in Giordania, 460mila in Turchia», secondo le stime dell’Acnur: «Tra questi dobbiamo constatare con grande preoccupazione e dolore che circa il 52% è composto da bambini e ragazzi sotto i 17 anni. All’interno della Siria vi sono oltre 4 milioni di sfollati». Obiettivo iniziale della missione sono 3-4 mila bambini.
Cor Unum già il 4 e 5 giugno aveva coordinato una riunione degli enti coinvolti, decidendo di aprire a Beirut un ufficio informazione e comunicazione: Il cardinale ha spiegato che «grazie a questo ufficio oggi sappiamo che sono stati stanziati per la crisi siriana oltre 78 milioni di dollari dalla Chiesa cattolica nel suo complesso, in particolare nei settori dell’assistenza sanitaria, dell’educazione, dell’assistenza agli anziani, dell’alimentazione, ma non solo».
Gli aiuti sono stati distribuiti in 20 città siriane ma anche ai rifugiati fuggiti in Libano, Giordania, Turchia, Cipro, Egitto, Iraq e Armenia. Le istituzioni che operano oggi sul campo sono 62, mentre sono 42 gli organismi cattolici che hanno finanziato lo sforzo umanitario. A sostenere finanziariamente gli aiuti, ha spiegato Cor Unum, sono state – tra gli altri – le Caritas europee, l’Ordine dei Cavalieri di Malta, l’Aiuto alla Chiesa che soffre, il Catholic relief services statunitense, il Jesuit refugee service, la Società San Vincenzo De Paoli.L’Ospedale pediatrico, ha spiegato il presidente del Bambino Gesù professor Giuseppe Profiti, fin dagli anni ’80 è impegnato nell’assistenza dei bambini nei Paesi in via di sviluppo, oggi con interventi in 12 Stati. E già da tempo è attivo per l’emergenza siriana, supportando attività cliniche in Giordania presso l’ospedale italiano di Karak, gestito da oltre 60 anni dalle suore comboniane, e nei campi profughi gestiti dall’Acnur attraverso la collaborazione con la Cooperazione italiana.
La nuova missione pianificata da Cor Unum sarà svolta in stretta collaborazione con Caritas Libano, come ha illustrato il presidente dell’organismo libanese padre Simon Faddouyl. L’area di intervento sarà quella della Bekaa, con visite mediche a tappeto ai bambini e distribuzione di farmaci.
Come ha spiegato la dottoressa May El Hachem, responsabile di dermatologia del Bambino Gesù, libanese naturalizzata italiana, l’area della Bekaa è al confine con la Siria e ospita agglomerati di tendopoli non organizzate, prive di acqua e servizi, dove le famiglie – il 70% senza il padre – vivono ammassate anche in 20 per tenda. Una situazione ad alto rischio sanitario, dove già si stanno diffondendo parassitosi (scabbia, pediculosi, leishmaniosi) e patologie come polmonite, gastroenterite e perfino poliomielite.