mercoledì 25 aprile 2018
Meeting dei donatori internazionali sul futuro del Paese mediorientale. Sul tappeto la promessa di 4,4 miliardi di dollari. Appello della Fao per la rinascita dell'agricoltura. L'allarme delle Ong
Conferenza sul futuro della Siria: meno armi, più sostegno alle popolazioni
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La Siria torna al centro dell'attenzione internazionale, ma non per un'azione militare. A Bruxelles è in corso la conferenza dei donatori internazionali sul futuro del Paese mediorientale. Sul tappeto c'è anche una promessa di 4,4 miliardi di dollari, pari a 3,6 miliardi di euro. Lo ha dichiarato Mark Lowcock, capo dell'Ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari, facendo in conferenza stampa a Bruxelles una previsione dello stanziamento "alla fine della giornata".

"Quello che abbiamo avuto è un buon punto di partenza, certo in un mondo ideale avremo preferito raccogliere molto di più. Ma dobbiamo essere realistici e di fronte alle risorse disponibili dovremo ora stabilire delle priorità", ha precisato Lowcock. "Dobbiamo
garantire che i nostri aiuti raggiungano chi ne ha più bisogno, è importante continuare a realizzare risultati concreti".

L'Unione Europea, ha fatto sapere l'alto rappresentante per gli Affari esteri Federica Mogherini, conferma il suo contributo annuale di 560 milioni di euro fino al 2020.

De Mistura (Onu): stop alle violenze

"Una settimana fa eravamo al limite di una crisi gravissima, eravamo vicini ad una retorica della guerra fredda e questo è stato evitato, grazie a delle decisioni mature. La mia priorità e quella del segretario generale Onu è di abbassare i toni". Lo ha affermato l'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria Staffan De Mistura alla Conferenza dei donatori sul Futuro della Siria oggi a

Bruxelles. "Di recente abbiamo assistito ad una escalation e non ad una de-escalation delle violenze - ha aggiunto -. C'è bisogno di contatti diplomatici ad alto livello, non solo fra i paesi di Astana, ma anche di altri Paesi".

Rifugiati, situazione intollerabili

"La situazione dei rifugiati siriani rimane intollerabile". Così il commissario Ue alle Politiche di vicinato, Johannes Hahn alla Conferenza dei donatori sul Futuro della Siria a Bruxelles. "Ogni bambino che non può andare a scuola perché non si sente sicuro" a causa della crisi e della guerra in Siria "è una perdita per tutti noi", ha aggiunto Hahn ribadendo il suo sostegno alla Siria ed ai Paesi che ospitano i rifugiati.

E dal Libano, provato dal gran numero di siriani qui arrivati per sfuggire alle violenza, arriva un appello. Lo ha lanciato il premier Saad Hariri al suo arrivo alla Conferenza: "In Libano ospitiamo 1,5 milioni di rifugiati siriani e oggi discutiamo su come farli ritornare in Siria, ma anche sulle donazioni che possano aiutare il Libano a sostenere questi rifugiati". Come dire: non lasciateci soli.

Sostegno all'agricoltura

La Fao ha esortato i Paesi che partecipano alla Conferenza internazionale dei donatori a investire nell'agricoltura come motore di stabilizzazione e ripresa. "Nonostante notevoli battute d'arresto, l'agricoltura continua a sostenere quasi la metà dell'approvvigionamento alimentare della Siria, fungendo da ancora di salvezza per milioni di persone vulnerabili", ha dichiarato il vice direttore generale della Fao per i programmi, Daniel Gustafson. "Senza un'ulteriore assistenza al settore agricolo e ai programmi di resilienza nelle aree rurali, l'insicurezza alimentare continuerà a crescere così come l'emigrazione, e la stabilità rimarrà una meta difficile da raggiungere".

"La Fao e i suoi partner dall'inizio del conflitto hanno fornito un sostegno cruciale in tutta la Siria proteggendo e ripristinando il sostentamento rurale nelle aree sotto il controllo sia del governo che dell'opposizione. Solo lo scorso anno, i programmi della Fao hanno aiutato gli agricoltori a coltivare abbastanza grano da riuscire a nutrire altri 1,7 milioni di persone per un anno. Attraverso campagne di vaccinazione e di trattamenti veterinari, la Fao ha contribuito a mantenere forti e sani oltre 11 milioni di capi di bestiame sopravvissuti", si legge in una nota dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.

"Nel 2018 - si legge ancora - la Fao sta assistendo le famiglie siriane che soffrono fame e grave denutrizione ad aumentare la produzione agricola e zootecnica salvavita. Nei Paesi limitrofi, dove molte famiglie di rifugiati spendono una notevole percentuale del proprio reddito per il cibo, la Fao dà assistenza per una produzione alimentare sostenibile e per generare opportunità di reddito e sostentamento. In Giordania, dove oltre il 50% dei rifugiati siriani ha un consumo alimentare povero o borderline, la Fao sostiene la coltivazione di orti e altri tipi di produzione alimentare, la commercializzazione dei prodotti rurali e opportunità di lavoro. In Turchia, la Fao sta lavorando con i rifugiati e i membri vulnerabili delle comunità ospitanti per la produzione agricola su piccola scala, per attività generatrici di reddito e per il collegamento tra corsi di formazione professionale e opportunità di occupazione. Questo lavoro non può continuare senza il sostegno dei donatori. Finora, questo lavoro è stato possibile grazie al sostegno del Belgio, dell'Unione europea, della Germania, dell'Irlanda, dell'Italia, del Sudafrica, della Svezia, della Svizzera, della Turchia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e del Fondo umanitario comune delle Nazioni Unite e del Fondo centrale d'intervento per le emergenze", conclude la nota dell'agenzia Onu per l'alimentazione e l'agricoltura.

"È necessario - sostiene ancora la Fao - assicurare che l'assistenza alimentare vada di pari passo con gli aiuti all'agricoltura e alla zootecnia, per salvare mezzi di sussistenza e vite umane".

L'allarme delle organizzazioni umanitarie

Otto organizzazioni umanitarie, che sono al lavoro in Siria (Oxfam, Save the Children, CARE International, Christian Aid, Humanity and Inclusion, International Rescue Committee, Mercy Corps, Norwegian Refugee Council) in occasione della conferenza hanno lanciato un forte allame centrandolo su alcuni punti.

Finanziata per poco più del 20% la risposta umanitaria Ad oggi la risposta umanitaria ad una delle più gravi crisi degli ultimi decenni è finanziata per poco più del 20%, mentre i bisogni della popolazione continuano ad aumentare in modo esponenziale, anche a causa dei continui attacchi a civili inermi e a infrastrutture chiave come scuole e ospedali. Oltre 13 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti per poter sopravvivere.

Sempre più difficile portare aiuti, oltre 7 milioni di siriani in trappola In questo momento sono circa 7,3 milioni i siriani intrappolati in aree disseminate di esplosivi, esposti al rischio di attacchi e costretti a sopravvivere senza quasi nessun accesso ai servizi di base. Il tutto in un paese dove con l’intensificarsi della guerra, portare soccorso alla popolazione è sempre più difficile e dalle parti in conflitto viene spesso negata alle organizzazioni umanitarie la possibilità di soccorrere i civili che rimangono coinvolti negli scontri. Basti pensare che l’anno scorso sono stati autorizzati solo 47 su 172 convogli umanitari messi in campo dalle Nazioni Unite, mentre nel 2016 ne erano stati consentiti 117 su 258 (il 43%).

Più sostegno ai rifugiati “In uno dei momenti più difficili dall’inizio di un conflitto atroce che in sette anni ha già causato oltre 400 mila vittime e costretto quasi 12 milioni di persone ad abbandonare le proprie case (con 6 milioni di sfollati interni e 5,6 milioni di rifugiati fuori dalla Siria), le priorità per la comunità internazionale dovrebbero essere garantire la sicurezza dei civili e un impegno concreto nello stanziamento degli aiuti, ma senza la possibilità per le organizzazioni umanitarie di lavorare in sicurezza, tantissime persone continueranno a morire. - ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Una precondizione che potrà essere raggiunta solo con un cessate il fuoco duraturo tra le parti in conflitto. Ma a Bruxelles, chiederemo anche un impegno maggiore sul fronte dei reinsediamenti come di altre forme di protezione umanitaria dei più vulnerabili, pari al 10% della popolazione rifugiata siriana. Ad oggi malgrado il reinsediamento venga definito come prioritario da molti governi, meno del 3% di rifugiati è giunto nelle nazioni ricche. Gli Usa, quest’anno, ne accoglieranno solo undici!”. Basti pensare che nel 2017 per ogni rifugiato siriano tornato a casa tre sono stati sfollati nuovamente.

2,7 milioni di bambini siriani non torneranno a scuola
A questo quadro drammatico si aggiungono i diritti negati a circa 2,7 milioni di bambini dentro e fuori dalla Siria che ancora non possono tornare a scuola (1 su 3), assieme alla mancanza di tutela legale per milioni di siriani scappati nei paesi vicini a cui vengono negati un presente e un futuro dignitosi. In questa direzione quindi è fondamentale anche sostenere i paesi dell’area che stanno ospitando 5,6 milioni di siriani fuggiti dalla guerra.

Guarda il VIDEO di Oxfam: CLICCA QUI

In Siria continua l'avanzata delle truppe di Assad

Le forze fedeli al presidente Bashar al-Assad hanno ripreso il controllo della regione del Qalamun orientale, nei pressi di Damasco. Secondo i media del regime, il risultato è dovuto all'allontanamento dei gruppi armati ribelli, reso possibile da alcuni accordi conclusi nelle scorse settimane. Le evacuazioni imposte dal regime e cominciate sabato a Qalamoun, a nord est di Damasco, riguardarono le tre località di Rouhaiba, Nassiriya e Jairoud. In virtù di un'intesa con il regime, alcune migliaia di combattenti e civili sono stati trasferiti nel nord della Siria, in alcune aree ancora sotto controllo dei ribelli. Secondo l'agenzia di stampa ufficiale del regime "Sana", le forze di sicurezza di Damasco sono entrate martedì a Rouhaiba e oggi a Jairoud, dove la bandiera di stato è stata issata sulla piazza principale.

L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha aggiunto che "l'ultimo convoglio" che ha lasciato il Qalamun orientale, trasportando centinaia di combattenti e civili, è arrivato stamane nei territori nel nord della Siria ancora controllati dai ribelli filo-turchi.

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