La piccola Laila, morta di freddo in Siria - Foto da Syrian network for human rights
È morta assiderata a un anno e mezzo tra le braccia del padre che cercava di portarla a piedi in ospedale da un campo profughi improvvisato, nel nord ovest della Siria, vicino al confine con la Turchia.
Iman Mahmoud Laila viveva con la famiglia in una tenda - racconta il Syrian Network for Human Rights - in un campo di accoglienza profughi vicino al villaggio di Màrata, nel governatorato di Aleppo. Con il freddo pungente di questi giorni, in un alloggio precario senza riscaldamento, si è ammalata e ha accusato problemi respiratori. Il padre ha deciso di andare a piedi all'ospedale Al-Shifa di Afrin, a un paio d'ore di cammino, dove però è arrivata senza vita all'alba del 13 febbraio. L'uomo ha avvolto sua figlia in una coperta e l'ha tenuta stretta nel vano tentativo di proteggerla dal congelamento. Secondo quanto affermato dai medici, la bambina è morta per il freddo. Iman e la sua famiglia erano sfollati dalla città di Hamouriya, nella Ghouta orientale, nel governatorato di Damasco.
La storia di Iman è anche quella di Abdelwahhab, un altro neonato morto assiderato nei giorni scorsi nella vicina regione di Idlib. E quella di altri 123 bambini siriani uccisi dai gelidi inverni nel corso degli ultimi otto anni di guerra, secondo quanto riferito dalla Rete siriana per i diritti umani.
La Siria ormai è una polveriera pronta a esplodere, con il nord in ebollizione. Una situazione che per Mosca sta diventando sempre più difficile da gestire e dove soprattutto a pagare le spese è la popolazione civile. Oggi a diventare incandescente è stata la zona di Aleppo. A distanza di poche ore è arrivata la notizia che a ovest della città 8 persone, fra cui donne e bambini, sono state uccise da raid aerei e colpi di artiglieria russi e siriani. All'orrore della guerra, si aggiunge l'inclemenza della natura, con la morte per assideramento della piccola Leila.
Nulla però che possa fermare il conflitto. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria ha comunicato che un elicottero dell'esercito governativo siriano è stato abbattuto dalle forze della Mezzaluna. Appena tre giorni fa si era verificato un episodio analogo, che aveva irritato, e non poco, Mosca, tanto che il presidente russo, Vladimir Putin e l'omologo turco, Recep Tayyip Erdogan si erano sentiti telefonicamente. Secondo fonti sul terreno, le truppe di Assad ora sono avanzate in alcuni distretti a sud-est di Aleppo. Situazione poco tranquilla anche a Damasco, doce sempre ieri tre militari siriani e quattro pasdaran iraniani sono stati uccisi da un raid nei pressi dell'aeroporto.
L'attacco è stato attribuito a Israele, ma non è stato possibile avere nessuna conferma ufficiale. Il premier, Benjamin Netanyahu, in piena campagna elettorale, ha chiosato sulla faccenda, non senza un filo di sarcasmo, ipotizzando che ad attaccare potesse essere stato il Belgio, ma solo per polemizzare con la decisione di Bruxelles di invitare davanti al Consiglio di sicurezza dell'Onu una Ong palestinese. La situazione è sempre più seria, soprattutto nella zona di Idlib. Una città importante, che, se cadesse
definitivamente nelle mani del presidente siriano, Bashar al-Assad, gli consegnerebbe anche la vittoria della guerra. Ma soprattutto, porrebbe fine ai piani della Turchia di creare una sua zona di influenza proprio in questa regione. Proprio per questo Ankara non vuole rinunciare al presidio del territorio, utilizzando come motivazione ufficiale la lotta al terrorismo. Il ministero della Mezzaluna negli ultimi giorni ha colpito almeno 63 soldati siriani, fra quelli uccisi, feriti o arresi. Tutto per rispondere a due bombardamenti nelle ultime due settimane che sono costati la vita a 14 soldati turchi. Ankara vuole che le truppe lealiste indietreggino dai 12 check point, fissati da un accordo fra Russia e Turchia, alcuni dei quali sono stati attaccati dalle forze
di Assad.
Mosca è preoccupata per le mire espansionistiche di Ankara e con l'Iran è anche il maggior sostenitore di Bashar al-Assad. Stando al portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, i contatti fra le due sponde del Mar Nero continuano. I due ministri degli Esteri, Serghei Lavrov e Mevlut Cavusoglu, dovrebbero incontrarsi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, iniziata oggi e che terminerà domenica.