Padre Ignacio María Doñoro de los Rios, 57 anni, di Bilbao
"Ci sono attimi in cui la tua vita dà una svolta di 180º e sai che non potrai più tornare indietro”. Con queste parole padre Ignacio María Doñoro de los Rios, 57 anni, di Bilbao, racconta il momento in cui è riuscito a salvare un adolescente di 14 anni che i genitori avevano venuto a un trafficante di organi e ha deciso che, da allora in poi, si sarebbe dedicato ad aiutare e accogliere minori senza famiglia, vittime di maltrattamenti e abusi.
Il sacerdote si trovava in Salvador dove era andato per lavorare come cappellano militare in una missione di aiuti umanitari con la polizia spagnola. Gli raccontarono la storia di un ragazzo che viveva sui monti di Panchimalco, sofferente di paralisi parziale, che i genitori avevano venduto a un trafficante di organi per 25 dollari, per poter continuare a sfamare gli altri quattro figli.
Padre Ignacio non ci pensò due volte: “Mi sono fatto passare, a mia volta, per un trafficante di organi e ho pagato alla famiglia un dollaro in più, per comprare Manuel e salvarlo”. La sorpresa fu quando lo portarono in clinica, perché l’adolescente pensava che l’avrebbero ucciso. Quando il medico gli disse di togliersi la camicia, il ragazzo cominciò a tremare con le convulsioni. Poi capì che lo avevano portato lì per salvarlo, mentre il sacerdote, davanti allo sguardo di amore e riconoscenza di Manuel, comprese a sua volta che la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Da allora in poi l’avrebbe spesa per aiutare minori in difficoltà. “Col tempo impari che non si possono giudicare le famiglie: quel bambino sarebbe morto e i genitori lo vendevano per disperazione”, ha raccontato a El Pais il sacerdote, candidato al premio Principessa d’Asturie per la Concordia.
Impegnato come cappellano militare in missioni umanitarie in Kosovo, a Tangeri, in Colombia e in Mozambico, e in prima linea nella caserma basca di Intxaurrondo, durante gli anni più sanguinari della lotta armata della banda armata Eta, 12 anni fa, Ignacio María Doñoro ha fondato il centro di accoglienza" El Hogar Nazaret" a Puerto Maldonado, nel cuore dell’Amazzonia peruviana. Una casa dove i bambini ceduti dalle famiglie in cambio di un pezzo di terra o come schiavi nelle miniere, oppure come carne da macello per i postriboli, riscattati dal sacerdote, possano vivere un’infanzia e recuperare la propria identità.
“Quando la loro salute è migliorata, quando sono cresciuti abbastanza da non poter più essere trafficati, quando sono scolarizzati e magari stanno lavorando, allora possono tornare nel loro ambiente d’origine”, spiega padre Ignacio, autore dell’autobiografia, ‘El fuego de Maria’ (Ed. Nueva Eva). “Le comunità conoscono il nostro lavoro e quando sanno di un bambino che potrebbe tragicamente finire in apertura di un telegiornale, ci avvisano e il minore viene da noi”, assicura il sacerdote, che ha aperto altri due rifugi per l’accoglienza di bambine e bambini a Bellavista e Carhuapoma.